venerdì 30 dicembre 2016

ASPETTANDO L'ANNO NUOVO

Caro 2017,
e così sono sempre io,
quella che continua a credere, quella che continua a sperare.
Quella che pensa che un abbraccio sia importante,
e che l'unica forza sia baciare,
baciare molto, baciare forte, baciare sempre. 
Sono io.
Quella che ama i film Disney e che si commuove per un abbraccio, e ci sprofonderebbe, se non fosse che a legarsi troppo alle cose alle volte si soffre il doppio, e che a metterci l'anima non sempre conviene.
Sono sempre io,
quella che sa che non tutto è facile, e che non tutto dura per sempre.
Quella che continua ad impegnarsi per le cose che contano, e che piange, ma ha sempre pronto un sorriso, per cercare di essere forte, per cercare di essere "grande".
Sono io.
Quella che ci mette troppo cuore e poi si stupisce se l'ideale non sempre è possibile,
quella che si affeziona e spera di no,
quella che vorrebbe tutte le parole più belle da stringere in una mano e portare con sè, ma che poi tiene strette troppo forte e non soffia via,
forse perchè a donarle a tutti andrebbero perse, e per i pochi che contano non sarebbero abbastanza.
Sono io,
quella che cerca emozioni nelle canzoni dei Muse
e poi finisce per perdersi in altre di pura poesia,
quella che scrive e si sente leggera, quella che crede al filo rosso del destino e si sente chiamare "mammoccia",
quella che sogna il lieto fine e poi  guarda City of Angels e non può fare a meno di piangere.
Caro 2017,
forse perchè l'amore è una forza estrema e un salto nel vuoto, forse perchè amare è soffrire ma la vita è amore, forse perchè un amore ti fa vivere volare e sognare ma ti restituisce a te stesso, io ti chiedo un anno di amore: amore per la vita e gli affetti di sempre, per i doveri e gli impegni, amore per le piccole cose e per le sorprese e gli incanti, amore perfino per le lacrime, per le preoccupazioni e i problemi che ci sono e non hanno mai fine, amore per chi sa dare e donare amore, per chi sa essere un pensiero felice in un giorno tra tanti.
Caro Anno nuovo,
io non ti chiedo i fuochi d'artificio che accendono un cielo per un secondo e poi subito lo lasciano al buio.
Non ti chiedo le bollicine, che inebriano per un istante, e poi subito si ritirano.
Io ti chiedo un filo rosso che leghi le cose importanti, e non si spezzi mai.
Io ti chiedo un'esplosione di cuori, che siano vita e voglia di vivere.
Che siano certezza e speranza, conferma e promessa, gentilezza e calore, di un sentimento più grande e più profondo,
l'emozione degli affetti di sempre, delle speranze di domani...per altri 365 giorni di solo amore.

giovedì 29 dicembre 2016

NEVE

Neve se arriverai vorrei che ti portassi via tutte le cose che mi fanno soffrire.
Vorrei che coprissi di bianco i pensieri e i problemi, e che tutto diventasse un vortice di inaspettata purezza.
Vorrei che ci fosse freddo, tanto freddo,
e che per quel freddo ci fossero braccia calde, e mani da stringere e da scaldare.
Vorrei che ci fossero pomeriggi noiosi e lunghi trascorsi dietro una finestra,
e pagine di racconti e di poesia.
Vorrei che ci fossero luci nelle case e d'intorno,
e strade silenziose dove tutto è ovattato,
dove c'è incanto, e tutto è silenzio.
Vorrei che tutto andasse lento,
come se niente avesse mai fine.
Che ci fosse candore e sopore,
che ci fosse rossore,
e quel rossore saresti tu
tu che riempi il cuore e sai di gioia e dolore,
e sei emozione,
nella notte che è bianca e leggera,
nella notte che dimentica i sogni e le attese,
che si riempie di noi e ci parla di tutto o forse di niente.
Neve se arriverai vorrei che fossi come una carezza in un giorno d'inverno.
Che fossi l'entusiasmo tra le mani gelate dei bambini, i colori sulla tavolozza dei pittori, l'attesa gioiosa di un'innocenza mai perduta.
Vorrei che fossi la felicitá in un pupazzo di neve, 
la cartolina da scrivere in un paese addormentato,
la magia del Natale o di un Anno nuovo non ancora arrivato.
Vorrei che fossi tutto questo, un cuore bianco tra due mani, cuore da scaldare, o forse solo
un'occasione in più...per ascoltare il presente, con le sue piccole cose, con la magia di ogni giorno, sempre uguale e sempre diverso..

sabato 24 dicembre 2016

CARO BABBO NATALE...LETTERA

Caro Babbo Natale,
ti chiedo di portarmi tanto sole.
Il sole estivo, questo sì, ma anche il sole di primavera, o quello d'inverno, se può servire a rendere le giornate più belle, ad illuminare il mare e a riscaldare la gente.
Mi piace sentire il caldo sulla pelle, e vedere la luce che addolcisce le cose, e tutto dura di più,
e tutto è vita, e forse poesia.
Per la veritá la poesia c'è anche d'inverno, ma non è come quando il sole splende sulle cose e sulle persone, e le rischiara di una luce nuova, piena di attese e possibilitá, di sogni da realizzare e aspettative da organizzare.
Ti chiedo inoltre di portarmi volti gentili in cui rispecchiarmi, per trovare veritá e autenticitá.
Di darmi la forza per affrontare le cose rimanendo sempre me stessa, con dignitá, pazienza e onestá,
di mettere da parte le paure, e i dolori, ed essere libera di essere, per davvero.
Ti chiedo poi abbracci veri e caldi e profondi,
e mani da stringere e parole da accarezzare. 
Sguardi sinceri che ti sfiorano dentro, e
baci intensi di sogni e promesse.
Ti chiedo emozioni sulla pelle
e battiti in testa e nel cuore,
sentimenti veri e tenerezze,
canzoni come carezze da ascoltare e pagine come poesie da inventare,
libri da scrivere e capitoli da studiare...
Ti chiedo giorni di luce, giorni normali, giorni speciali, nel tepore degli affetti di sempre, nel conforto delle certezze di ieri e di oggi...di quelli che ci sono stati, ci sono e saranno comunque.

Ps. A te Claudia chiedo invece di comprarmi quel profumo che mi piace e di non annoiarmi, tanto il cellulare non lo cambio. ^_^

venerdì 23 dicembre 2016

50

Cinquanta come 2x5 al quadrato.
Cinquanta come L.
Cinquanta come 110010.
Cinquanta come 50.
Come la metá di 100, e la Vespa Special.
Cinquanta come i cavalli di un trattore (ho cercato una macchina, ma non l'ho trovata).
Cinquanta come le sfumature di grigio che non ho mai letto.
Cinquanta come un articolo della Costituzione, 
Cinquanta come un limite,
Cinquanta come il numero di una poesia in successione.
Cinquanta come l'etá di Jovanotti.
Cinquanta come i giga di un cellulare. 
Cinquanta come la maglietta di Ciavattini (anche questa l'ho dovuta cercare).
Cinquanta come il peso sulla bilancia che vorrei.
Cinquanta come le migliori classifiche, come un anniversario,
o una pagina da sottolineare.
Cinquanta come le dita su dieci mani,
Cinquanta come i centesimi di euro,
e frazioni di ore e di parole.
Cinquanta come i battiti al secondo pensando a te,
Cinquanta come i pensieri,
Cinquanta come le emozioni che moltiplicherei,
come le onde del mare che aspetterei.
Cinquanta come le mie mani tra le tue,
Cinquanta comunque, anche se ho sbagliato a contare,
Cinquanta come una somma,
Cinquanta come io e te
Cinquanta come le attese
Cinquanta come tutte le cose 
che diventano te
Cinquanta
come i post di questo blog...
Come le parole in ripetizione,
ed il resto che c'è dietro, e l'oltre che è tutto.

giovedì 22 dicembre 2016

L'INIZIO DELLE VACANZE

Penso non ci sia niente di più vero dell'entusiasmo dei ragazzi per capire cosa significhi realmente essere giovani.
La giovinezza o ce l'hai o non ce l'hai, non c'è niente da fare, ti entra dentro da bambino e se sei fortunato ti accompagna sempre, anche se le situazioni della vita ti remano contro, anche se è uno stato biologicamente attivo e a tempo limitato, anche se tutto attorno a te cambia o perde di significato.
È quel conforto che ti restituisce comunque a te stesso, e tu puoi avere le rughe in faccia, nella mente o nel petto, la giovinezza è sempre lì, quando meno te lo aspetti, ti riporta i colori, o quella leggerezza di vita che solo chi non ha pesi sul cuore può provare.
Solo i bambini, o i gabbiani forse, i gabbiani che volano liberi nel cielo in questo cielo di dicembre che è giá Natale.
Natale che ci fa tutti più buoni o forse più bambini, che ci vuole tutti più felici o almeno ci prova, che ci ricorda che ogni giorno è una rinascita, se si ha lo spirito e la forza giusta per viverlo.
Che ci ricorda di apprezzare ogni singolo istante, così come viene, di strapazzarci meno ed accettarci di più, di riconoscere quell'armonia che ci gira attorno e che i più chiamano "vita".
Io non so se riuscirò mai ad essere "giovane" per davvero, a cercare di andare oltre i problemi, le delusioni e le preoccupazioni, le tante realtá che consumano il nostro essere in un'altalena di emozioni, non so se riuscirò ad essere "giusta" in un mondo veloce e inafferrabile, a non prendere a cuore tutto, a non lasciarci il cuore e la testa...
Forse resterò sempre la stessa... quella che vuole fare la sofisticata ma che poi si commuove e si sporca la faccia con il mascara, quella che gioca a  fare la "grande" ma a volte vorrebbe solo un abbraccio, quella che legge i testi delle canzoni e se li stampa dentro, perchè a lasciarli andare troppo forse volan via...Quella sa che la vita può essere cattiva alle volte, ma sa anche essere bellissima,  può fare soffrire, ma sa anche rivelare una poesia ed una autenticitá senza pari, reale proprio perchè "viva". 
Per questo vorrei imparare a cogliere l'essenza reale delle cose, quell'immenso sospeso che ci fa corpi pieni di sogni e di amori, prendendo spunto dai ragazzi forse, che lanciano in aria i compiti e riempiono i loro zaini di aspettative ed idealitá. Che chiudono i libri e inventano una scritta sulla lavagna, con il gesso bianco che risalta sul nero, l'inizio delle vacanze, delle attese dei giorni a venire, un attimo di pura felicitá.

venerdì 16 dicembre 2016

GLI AMORI DI JANE AUSTEN

Le storie di Jane Austen sono quelle che nascono nei pomeriggi d'inverno trascorsi dietro un vetro.
Sono quelle chiacchierate sottovoce nei salotti di campagna d'un ottocento inglese benestante, quelle che si sviluppano attorno ad un focolare, nelle feste da ballo e nelle strette di mano di una societá atavica e ben radicata, tra le colline di un misterioso "Hampshire" e passeggiate e giri di caccia che non s'aprono a nulla.
Le storie di Jane Austen sono quelle di Mr. Darcy ed Elisabeth Bennet, quelle del té delle cinque e dei guanti di pizzo, quelle degli amori gentili che nascono nel cuore e vi restano per sempre.
Sono amori delicati dal tratto dolce eppure profondo, quelli che si cercano e si trovano in un incrocio di sguardi e di occhi negli occhi, 
quelli che incantano in una melodia e profumano una lettera, nelle guance arrossate di belletto e di toeletta.
E sono mani appena sfiorate, dita chiuse in carezza,parole appena accennate, sorrisi e rossori, gli amori di Jane Austen.
Amori che fanno sognare, amori che crescono o si perdono, amori che esistono, amori che ti restano dentro...amori come i nostri,
amori "per sempre".

martedì 13 dicembre 2016

13 DICEMBRE

Io lo so che ci sei, che sei per me quella di sempre, il film in bianco e nero che sfogliavo da bambina, dove i colori erano i miei, e la poesia la tua sfumatura, perchè era bella la quiete con te, e tutto era pulito, e tutto era emozione.
L'emozione indelebile che nasce dal silenzio e che dura una vita intera, una vita fatta di ore, di giorni, di anni lontani, dove i discorsi discreti erano dolcezza nell'animo, e la fiamma dei camini accesi compagnia mesta di tante sere d'inverno.
Quel tuo modo di educare così gentile, così decoroso, così indiretto, quella mano da sfiorare così delicata e così provata, quel tuo modo di amare così profondo e quella tua saggezza mista ad esperienza ed onestá, ad intelligenza e sensibilitá sono stati per me motivo di vanto ed orgoglio, privilegio di averti e conoscerti, ed io ti pensavo ammirata, io che da piccola guardavo quelle mani e quegli occhi e pensavo a quanto avessero lavorato e sofferto, a quante storie si lasciassero dietro, quanti pezzi di vita, quante vite ci fossero dietro. 
Il 13 dicembre c'è il sole. 
C'è il sole come allora anche se il tempo passa ed è passato, anche se i giorni si susseguono ai giorni e le ore sono minuti che si sovrappongono ad istanti.  Tante cose sono cambiate, tutto è diverso e niente è più lo stesso, eppure quando si tratta di te io sono sempre quella di allora.
Quella con il cuore leggero e con i quaderni pieni di disegni, quella che credeva il mondo felice e che tutto fosse reale, quella che s'incantava a sentire la tua voce, che ammirava quanto fosse prezioso un tuo giudizio, nel suo discreto e saggio valore.
Quella che sentiva quanto fosse bello averti, che lo sa tuttora, perchè le tue parole mi servirebbero anche adesso, perchè vorrei di nuovo il mio cantuccio, perchè mi sei sempre vicina, vicina piú che mai.

domenica 11 dicembre 2016

MARE D'INVERNO

Il mare d'inverno ha le scritte sul muretto che raccontano amori passati.
Ha le orme sulla sabbia che non esistono più, cancellate dal vento e dalle onde,
e il tempo che s'infrange sulla riva
è infinito e parvenza.
Non ci sono spazi, ritagli di aspettative lasciate così, e gli sguardi dei passanti hanno la profonditá di chi scorge e va oltre, oltre i pensieri, che il mare accarezza, oltre le cose, che il mare comporta.
Il mare che è ed è sempre all'improvviso, in una giornata d'inverno.
Che è come un'oasi di pace e serenitá, che ti viene addosso con la sua essenza che profuma di vita, di salsedine incrostata ad un racconto del cuore, che sia ricordo o speranza.
E gli sguardi della gente hanno la profonditá delle cose che si sanno, e che si dicono silenziose.
Hanno la stanchezza di chi accarezza amarezze, e il conforto di chi cerca e riprova, e il mare è uno specchio, uno specchio d'azzurro, e il cielo si perde nell'ocra della sabbia che si allunga silenziosa.
E ti seduce e ti incanta.
Nel ramo abbandonato che viene chissá da dove, chissá da chi, chissá perchè, nel passo lento di un signore ed i suoi pensieri, nel bambino sull'altalena che sfiora il volo e non lo sa...
Ti tranquillizza, perchè sai che un posto per te c'è e c'è sempre, che ci può essere ancora un momento d'estate, nell'odore portato dal vento, una illusione, una piccola felicitá, tra le cose di sempre, tra l'inverno e la sorte.
Basterebbe il volo dei gabbiani, il legno di una barca scrostata, una coppia che si tiene per mano.
Basterebbe un pensiero felice, un libro da scrivere,
una vecchia canzone.
La bellezza di un sentimento che diventa poesia, che è giá poesia...

"Io credo non spunterebbe una foglia
In primavera,
non fosse per le labbra degli amanti
Che baciano.
Non fosse per le labbra dei poeti
Che cantano".
(Oscar Wilde)

giovedì 8 dicembre 2016

ANCORA NATALE

Una volta il presepe era di legno, e la neve la respiravi nell'aria, nell'immagine di un sogno che ogni volta t'inventavi cos'era.
Una volta l'albero era fatto di lucine colorate ad intermittenza, ed era una musica silenziosa, una dolce danza nei riflessi sul muro..una volta Natale era quell'attesa che sapeva di tenerezza, nell'abbraccio di tua madre che era pieno di tutto, e nell'entusiasmo di tuo padre che ti riempiva di "sempre". Erano le vacanze, era tua sorella che giocava con te, era il profumo di buono per la casa, la felicitá che si respirava in un'attesa che aveva tutti i colori del mondo.
C'era tua nonna e c'erano le scintille del camino che scoppiettavano a festa, ed il legno era quello buono che riempiva la stanza, con il suo silenzio e la sua energia che lentamente bruciava tempo e favelle, e si portava via un po' di noi, e si portava via un po' di attesa, nell'ombra fuggente sui volti accaldati di fuoco vicino alla fiamma...c'erano i dolci e quei pomeriggi che sapevano di sicura intimitá, le gonne a palloncino e i capelli tirati dietro da tua madre, e tu ti aspettavi ovunque di trovare un fiore, un fiore d'inverno, e in cielo una stella lontana più bella di tutte, che brillava nel freddo.
Io avevo un libricino di Natale con i Re Magi e una stella cadente, uno piccolo eppure grazioso, con ovunque colori pastello e volti felici.
E il Natale era lì, in quella storia ad immagini che stringevo tra le mani, con le voci fuori di un quartiere in festa, e le luci nelle case a raccontare le stanze, e ovunque segni gentili, per le strade che creavano danze.
Ed i regali c'erano, c'erano sempre, c'erano nei pacchetti racchiusi sotto l'albero e in un album da disegno da riempire, c'erano in quella presenza che era certezza e costanza, in quella normalitá che era incoscienza e magia, che pensi duri per sempre, e che allora non lo sai, giá non è più.
Eppure un po' di Natale è in ogni Natale, in questo tempo che passa e pure rende qualcosa, in questo rinnovarsi continuo che non cancella un qualcosa di "più".
Ed io lo cercherò comunque, lo cercherò in quelle strade di paese ed in quelle case che adesso sono chiuse, in un abbraccio che non fa passare il freddo, in una stretta di mano che è forza e carezza....
Lo cercherò in un camino spento che continuerá a scaldare ed illuminare per sempre, che mi accompagnerá con il suo silenzio e la sua dolce intimitá, la stessa protezione  di una luce ad intermittenza, magari riflessa su un muro, sia quella di oggi, di ieri o di domani.

sabato 3 dicembre 2016

BATTICUORE

E poi ci proverò a mettere da parte un'emozione, a dosare i colori, e le scintille che infiammano l'aria. E poi ci proveró a spegnere lo sfavillìo di pensieri che accendi in me, quelle capriole di emozioni, che sono come carezze d'inverno, come sbuffi di fumo in un cielo terso e freddo. Metterei da parte le fiabe, sospenderei i lieto fine e li lascerei alle storie del mondo, e mi ripeterei le parole da grandi, quelle giuste, quelle assennate, quelle che hanno ragione e lo sai. 
Sarebbe ovvio, e persino normale.
 Ed io sarei più forte, più matura, diventerei grande, e farei le cose giuste, e direi le cose perfette... pronuncerei le parole corrette e farei i sorrisi sicuri...avrei una faccia normale, una faccia che non dice, una faccia che non arrossisce, una faccia che non si stupisce, che non sembra un pesce lesso, che non si sa leggere, che a guardarla non ci si capisce niente. 
E forse sarei più al sicuro, forse sentirei di meno, e forse soffrirei di meno.
Resterei meno intrappolata nelle cose, nelle parole non dette, nei progetti a metá, nei sogni che è bello sognare.
Eppure resisti, come resistono gli eroi nelle fantasie dei bambini, nei libri di fiabe che sfogli per caso.  
Tu resisti, 
ed è tutto e non è niente, e gli ideali sono incanti da portare per mano, tra il giorno e la notte e le mille quotidianitá delle cose, tra il grigiore del mondo, e il rosa  di un cuore che vive...
Quando le emozioni (belle o brutte) sono "vita", e l'intensitá come sempre sei tu, sogno, parola, fantasia e..batticuore...



domenica 27 novembre 2016

L'ORA DI GRAMMATICA

E poi c'è l'ora di grammatica. L'ora in cui le parole si scompongono e le frasi diventano analisi e ragione. Il periodo non è solo sintassi della frase semplice o complessa, e le proposizioni diventano gioco e inventiva, fino a trovare il meccanismo giusto, la chiave di lettura di un processo logico e mentale. E così c'è l'ora di grammatica, l'ora delle parole che per un pò perdono il loro significato e diventano logica e pensiero, l'ora delle parole che smettono di significare se stesse per alludere ad altre valenze, l'ora delle parole che si razionalizzano e si definiscono, facili e precise, come non mai.
Fare l'analisi grammaticale, logica o del periodo è rassicurante, perchè ti dá l'idea di capirci qualcosa, tu prendi una frase, un enunciato, e lo scomponi nelle sue parti costitutive, lo razionalizzi e lo comprendi, e ti sembra di conoscerlo, di controllarlo, di identificarlo, di inserirlo in un'impalcatura generale che dá senso al tutto, e non ci sono dubbi, e non ci sono incertezze.
E infatti, quando devo fare grammatica in classe, ogni volta è una continua scoperta.
E non solo perchè i ragazzi non vedono l'utilitá -e sbuffano e si lamentano- di una cosa all'apparenza inutile, ma perché in ogni frase c'è un piccolo mondo da evidenziare e da scoprire.
E allora la lavagna si copre di suoni, e le forme diventano immagini, e le parti variabili e invariabili tante facce di un vocabolario infinito... "impalcature" mentali da organizzare ed inserire in categorie logiche e di pensiero, oggettive e comprensibili, sicure e controllabili.
Non come le parole delle emozioni, o il linguaggio del cuore degli uomini.
Mi è capitato, per spiegare i verbi alla lavagna, di dover cancellare un "ti amo" di un'alunna lasciato sul nero del piano nel bianco puro del gesso. Ed è stata una sensazione strana, un misto di tenerezza e di dolcezza, perchè in quella frase lì di regole e di grammatica non c'era proprio niente, eppure dentro c'erano tutti i sogni di un'adolescente, pieni di vita e di amore e di gioia nelle giravolte e curve del maiuscolo della scrittura.
Ed io che avrei dovuto spiegare i predicati e i verbi, io che avrei dovuto "intrappolare" la forma e "mettere in gabbia" complementi e apposizioni, lì con il cancellino in mano pronta a spazzar via le illusioni di una tredicenne, ho provato quasi un moto di antipatia per queste categorizzazioni oggettive che tolgono colore alle emozioni, e che sono un pó il male di oggi.
Lì avrei voluto prendere quelle giravolte e farle librare, togliere i lucchetti e dare spazio alle parole, perchè le emozioni non hanno confini e sono un volo e una danza, non si chiudono in forme e ti sfiorano l'anima, che è come danzare in silenzio e in punta di piedi.
E come un'adolescente avrei anch'io voluto disegnare un cuore e lasciare lì parole d'amore, avrei fatto il tratto con cura e l'avrei diviso a metá...
Ne avrei scelto una parte, e con Biagio avrei aggiunto "...Sappi amore mio che se avanza un pezzo di sto cuore è cuore tuo..." E ancora adesso forse ne colorerei di bianco una parte e lascerei l'altra pronta a ricevere il resto, un nome o un tutto, e le poesie più belle del mondo, e le parole che si sussurrano e che non sono abbastanza.
Ma non sono un'adolescente, e per di più sono la prof, - e le gabbie al cuore non servono mai, e i sogni ad occhi aperti non durano troppo- e si torna alle categorie grammaticali, e si sottolineano i verbi, che domani c'è il compito.

venerdì 25 novembre 2016

BLACK FRIDAY

E c'è ancora uno slogan per un marketing di successo.
È finito il "fuori tutto", passata la "summer fashion week", fuori moda il "3×2", e il "terzo capo lo paghi un euro" o "scontato ti costa la metá". Ora è tempo di "Black Friday", sigla di importazione americana per designare il periodo di saldi pre-natalizi che anticipa la corsa agli acquisti che precede la festa più speciale dell'anno.
Il mercato promette, si tinge di nero e sconta se stesso, ed è giá ossessione o presunta etichetta, giá tormentone e vera e propria fissazione, giá siamo bombardati da inviti assillanti che non lasciano nulla.
E noi che abbiamo sempre bisogno di qualcosa, noi che abbiamo gli armadi pieni e scarpe e borse per ogni occasione, aspettiamo lo slogan perfetto con attenta trepidazione.
Ne abbiamo bisogno, ci servono parole belle, sigle e definizioni, ci danno fiducia, ci identifichiamo con esse perché definiscono le nostre aree di influenza, indirizzano le nostre identitá, ci buttano sotto gli occhi aspettative e possibilitá.
Eppure quest'ansia alla parola sdoganata, alla parola pubblicizzata e internazionalizzata, non è forse un triste (anche se allettante) tentativo di coprire un "vuoto"?
Non è forse una scelta di mercato che nel dirci cosa è "trendy", ci vuole in realtá incapaci di vivere le nostre individualitá senza omologarci ed asservirci ad una necessitá economica priva di significato?
E questo nostra ricerca di tutto, non è forse un "bisogno" interiore che vuole colmare? Un tentativo di riempire un "vuoto", alimentato da una societá che non sa, non vuole e non ha valori da comunicare....
Eppure fare shopping è bello, diciamocelo, a volte anche divertente.
È catartico, coinvolgente, migliora l'umore e toglie anche lo stress.
(Ma solo se la taglia dei pantaloni è rimasta quella di sempre, e la commessa per facilitarti le cose non ti propone un reggiseno imbottito, senza sapere che quello che indossi è giá imbottito). È rassicurante, perchè ti fa sentire in grado di controllare le cose, fare parte di un mondo piú grande di te, dove le vetrine che illuminano le strade sono la faccia del benessere e della modernitá, e le insegne colorate un continuo sfavillìo di possibilitá, fascinose sì, ma che tuttavia non danno calore.
Così il "Black Friday" è il giorno degli acquisti folli, il giorno in cui tutto costa poco e niente ha un prezzo.
Non hanno prezzo i vestiti, gli elettrodomestici, perfino i sentimenti sembrano pesare di meno.
Fatto sta che oggi, venerdi di fine novembre- "black friday", è giá sera, è tutto scuro e piove.
E forse è proprio questo il vero volto del black friday, del "venerdì nero" in una sera di novembre, in una sera in cui l'autunno s'increspa in malinconia e ricordo, mentre i Guns n' Roses cantano amori stretti forte e tenuti per sè, amori che si perdono in una pioggia fredda e che magari pure si rivelano, "perchè nemmeno la fredda pioggia di novembre dura per sempre".

mercoledì 23 novembre 2016

UN PAESE CI VUOLE

"Un paese ci vuole, non fosse anche per il gusto di andarsene via", scriveva Cesare Pavese. Un paese ci vuole; non fosse anche per il gusto di avere l'esempio, sentire il momento, e prenderlo...Sentire la lentezza delle cose, sentire il tempo o la noia, le imperfezioni e le piccolezze, che poi forse tanto piccole non sono.
Un paese ci vuole sì, per andare e per tornare. Per respirare il bianco e il nero, e poi ad un tratto svoltato l'angolo trovare i colori. Fermarsi dentro un raggio di sole, e sentirne il chiarore sulla pelle, la lentezza delle piccole cose, che continuano e non fanno rumore.
Ci vuole, sì, un paese, per perdersi e ritrovarsi, per vedere la tranquillitá della quotidianitá, nella cantilena lenta che accompagna le strade e i passi sulla pelle, lì dove tutto attorno è tepore, ed ovunque un racconto che parla a metá.
E i paesi parlano, a modo loro. Hanno quell'incanto delle cose vissute e perdute, delle cose latenti che languiscono in un lento abbandono, che imprimono un profumo indelebile come di semplice ingenuitá, nei panni stesi ad asciugare al sole che sanno di calma e pazienza. E un sentimento ha giá l'odore del sapone di marsiglia, e un'emozione è quella del ragù sotto casa, e la senti nelle strade, la respiri per caso, lì dove i vecchietti fanno a gara ad ingannare la sorte, lì su una panchina assorti a rubacchiare la luce e ad allontanare la notte. E li trovi lì, con i loro racconti nutriti di chissá cosa, nei loro dialetti lontani e ti vien da sorridere, perchè intanto il mondo va ma lì ce n'è uno tutto loro, un mondo di colori ormai pallidi, fatto d'insegne sbiadite e rumori perduti. Rumori di bicchieri e gettoni, di bar di paese con il marchio lunik e di mokambo, di bar dove bevi solo il caffè, e di barbieri davanti la porta, e giradischi, e schiume e lamette.
E non è solo un'immagine della fantasia o della mente, perchè il tizio con la lambretta che passa c'è e ti fischietta lo stesso, magari ti strombetta pure con un galateo tutto suo, e tu ti lusinghi e ti vergogni, arrossisci e guardi avanti, e pure sbirci alla fine e trovi i colori. Sbirci dentro un mondo al vinile, fatto di ronzii di campagna e sapore di Vermouth, di brillantine oleose e donne e grembiuli e biscotti, e ti senti bene, perchè quella purezza l'hai sempre cercata, perchè quella lentezza è pienezza di sè, è la vita che ascolta e che vede, è la vita che va e non sa, all'infuori di quello che è. Mi piacciono i paesi persi nei colori d'autunno, quando gli attraversi e oltrepassi e ti trovi tra greggi, quando guidi e ti becchi le buche e fai a pezzi la frizione, quando vedi campi e pastori, e attrezzi agricoli che non si allontanano mai. 
E il bello è che in questo sapore d'antico e di lento finire, in questo scenario di disincantata purezza, in questo pezzo di mondo strappato al futuro, dopo curve, alberi, campi, fossi e frane, lì dopo le colline e le strade, e questa quiete dimenticata per caso, lì a un certo punto ... c'è il mare.

domenica 20 novembre 2016

UN ASTUCCIO A COLORI

Tornare tra i banchi di scuola è bello, è bello perchè ti scopri ancora una ragazzina, pur sedendo dall'altra parte della cattedra.
È bello perchè realizzi tante cose..vedi il tempo che passa davanti a te cristallizzato nell'attimo puro e perfetto di sguardi annoiati eppure pieni di vita, e quasi ti viene da ridere, pensando a quello che prima eri tu, su quegli stessi banchi e dietro quelle stesse pagine, sui quegli stessi libri che hanno accompagnato il tuo tempo e la tua vita, lasciando in ognuno un pezzettino di te, trovando in ognuno una parte di te.
È bello perchè c'è il presente, il passato e il futuro lì di fronte a far da cornice, c'è una parte della tua vita riletta in quella di altri, e tu ti riscopri a "crescere"con un salto nel tempo, bello perchè ha tutto il sapore delle cose pulite e, per questo, preziose.
Ma, oltre ai libri, alla lavagna sporca di gesso e al cancellino tradizionale, c'è una cosa che mi affascina più di quei quaderni colorati e da riempire...e sono quegli astucci pieni di meraviglie che rendono lo studente di oggi fornito e all'ultima moda.
Astucci multi-tasking, sono pieni di tutto.
Ci puoi trovare gomme, temperini, righelli, matite, penne profumate e dall'inchiostro intercambiabile, bianchini, penne cancellabili, colori.
Ecco, io quando vedo quegli astucci così pieni e organizzati, provo un moto di nostalgia...
perchè è bello racchiudere un mondo dentro un astuccio, è confortevole, ti fa sentire al sicuro, come avere con sè quegli strumenti in mano per controllare le cose, per essere al sicuro, al riparo da sè e dal resto.
Puoi essere pronto a tutto con un astuccio così.
Non come noi adulti, che magari buttiamo una penna in borsa senza farci caso -e stiamo ore a cercarla -e poi questa viene fuori tra un'agenda e un rossetto dopo aver messo tutta la borsa sottosopra.
Non come noi che abbiamo perso la magia delle "cose che servono", che abbiamo disimparato a prepararci alle cose forse perchè la vita è un caso, e il suo imprevedibile disordine ci ha insegnato la confusione della normalitá, l'abitudine alle necessitá e alle infinite casualitá che ci lasciano impreparati (o forse troppo pronti) da buttare una penna in borsa per poi cercarla ore.
 Beh io guardo quegli astucci e sogno ad occhi aperti.
 Sogno una realtá da controllare con gli strumenti giusti, una realtá a cui vai incontro preparato, che non ti lasci insomma con il cuore sottosopra e l'emozione a fare le capriole. Basterebbe un righello per tracciare le linee giuste, un goniometro per dare alle circonferenze le degne equidistanze, un colore (meglio pastello) per incantare le sfumature, ed immergerle in orizzonti misteriosi e pieni di poesia.
 Lascerei il bianco sui fogli perchè così profumerebbero di promesse e di giorni a venire, eviterei il rosso perchè saprebbe di rimprovero ed errore, anzi no, ne lascerei una parte, come passione e sensazione, che è amare la vita e sbagliare, diventare grandi e cambiare, baciare e sognare, ma sempre con il magico candore di pagine candide e nuove da riempire.
E poi ci sono le forbici e la colla...quelle per tagliare e poi mettere a posto le cose, per ricucire ferite e cancellare gli errori, per ricominciare da capo ed rincollare le parti.
C'è tutto un mondo nell'astuccio di uno studente.
Un mondo di ricordi, per noi, e di aspettative forse sbagliate, di promesse non mantenute e fantasie dimenticate;
un mondo di sicurezze e di scelte perfette, per loro, di percorsi lineari e misurabili, senza segreti, e tutti dritti in avanti, come una lunga retta o una lunga giornata di sole.
Un mondo di magia, per entrambi, per accarezzare, in un'ora di lezione, vecchie pagine e lontane istantanee, scoprire novitá ed incantare realtá, per una volta ancora di nuovo con te.

venerdì 18 novembre 2016

E CONSUMIAMO IL NIENTE

Quanta solitudine c'è in un mondo che non sa più tenersi per mano.
Che ha paura di guardarsi negli occhi, che ha paura di pensarsi indietro,
e avanti che non è mai abbastanza.
Un mondo che ha imparato cosa significa evolvere.
 Che ha scoperto come diventare grande, come abbracciare l'universo, e quelle stelle piccole lassù che sono fuoco e sostanza. Le stelle che magari bruciano in una notte e che sul tavolo da lavoro sono astronomie sconosciute, astrologie fantasiose da leggere su una mano, e strade del sogno e d'invenzione nelle notti di luna e fantasia.
 Un mondo che ha imparato a leggere le pietre, che ha capito come accendere un lampione, un mondo che sa come dare forma alle strade, come trasformare i contorni, modellare confini, e unire distanze e alteritá.
Un mondo che sa come andare avanti, ma che non sa come guardarsi indietro.
Indietro quando il tempo era tempo e bastava per essere vivi, quando non c'erano ingorghi e l'anima viveva di te, e non era solo una voce da soffocare e da riempire.
Quando non si buttava niente, e le emozioni non bruciavano la notte, ma la accendevano, e le esperienze erano attimi intensi di una piccola immensitá, e formavano quello che eri, e sancivano quello che sei.
 Quando un quaderno nuovo tra le mani erano pagine bianche da riempire, e la seta antica un corredo e un'emozione, una carezza di un'unica volta sulla pelle che sapeva di attese e felicitá.
 Quando non si consumavano i ricordi, e le case erano piene di tutto, e gli oggetti rotti ed aggiustati avevano tanto da raccontare, ed erano un pò una famiglia.
Non si consumavano le storie, i pensieri e le parole, non si consumavano le attese, e tutto aveva senso e valore.
 Si era vivi, o forse solo autentici, eppure tutto d'allora sapeva di inaspettata normalitá, e i brividi erano brividi, e gli sguardi erano occhi e trepidanti nella notte, e le paure erano sincere e reali.
Oggi invece stringiamo tra le mani il niente.
Consumiamo tutto e non ci resta niente.
Non il tempo per sentire, non il silenzio per capire, non il rumore per ascoltare.
Condividiamo tutto ma non sappiamo nulla di certo.
Sfioriamo visi, tocchiamo emozioni, ma senza accarezzarle davvero, custodiamo ricordi, ma senza possederli davvero, ci piace un po' tutto, ma forse no, perchè in realtà non c'è un punto d'incontro che sia esplosione e emozione.
Che sia creare costellazioni, come con l'amore, che sia una pioggia improvvisa e fresca, che sia come disegnare le voci, o dipingere il mare con l'acqua del mare.
Oggi digitiamo il nostro presente, e scorriamo tra le mani il nostro futuro. E consumiamo tutto.
Batteria, giga, wifi, connessioni e sorrisi.
Tempo, emozioni e confessioni non dette, e parole attese mai sperate.


lunedì 7 novembre 2016

IL TEMPO DELLE MELE, 7 NOVEMBRE 1981

Le scritte sull'invicta sanno di scarpe da ginnastica troppo logore e di calzoncini al ginocchio o lasciati a metá. Sanno di pomeriggi sporchi di polvere, di soli limpidi nella luce strana dell'imbrunire, di vetri e finestre su cui si riflettono giochi di giorni che muoiono.
Le facce sulle figurine sono quelle di protagonisti di film e serie tv. Sanno di movenze plastiche e di sbarbatelli in posa da attore, di baci da sogno e pantaloni a vita alta, e top colorati che lasciano fuori ombelichi invidiabili e fianchi ben modellati.
Le luci della sfera stroboscopica sono quelle delle musiche che hanno fatto la storia. Quelle delle canzoni da collezione, quelle di una stretta ed una parola, quella di un giradischi e di un microfono, di cuffie grandi e da mettere al volo, e walkman fosforescenti da "rinchiudere" in una musicassetta e portare con te, su un lato b troppo lento e un lato a che è come "un ininterrotto e per sempre".
 E poi c'erano i diari da riempire, le scritte a colori o in grassetto, i ritagli di giornale incollati in pezzi strappati, e le fotografie troppo lontane e sviluppate da poco.
C'erano gli indirizzi a penna ed i numeri di telefono, i compiti per i casa e i cuori senza nome e belli così, e tutto era speciale perchè sapeva di "infanzia", di felicitá, di luce magica di tramonto sul muro della casa di fronte, sul tetto all'angolo di chissá quale indirizzo.
C'era il tempo delle mele, ognuno con il suo e sempre diverso, quello dei lenti o delle carezze, o delle corse a crepapelle inseguendo il vento.
Un tempo delle mele che è una realtá vista e vissuta in un sogno, un tempo delle mele che è un diventare grandi ed un correre verso qualcosa, magari con un sole intravisto nei vetri delle case, caldo e rosso e pieno di vita, nella luce magica di un tramonto...di un giorno che muore.
 

giovedì 3 novembre 2016

CHE IL DESERTO CONSOLA

La basilica di San Benedetto, l'ermo colle di Leopardi, Roma e la sua Conciliazione.
Ogni evento (che sia tragico o drammatico, positivo, naturale o causale) ha come simbolo un'immagine precisa, un'immagine sulla quale ricadono "emblematicamente" gli aspetti più evidenti di tale contingente e che pertanto assurge ad ipostasi di una determinata situazione.
 Il bacio simbolo della fine della Seconda Guerra Mondiale, la bambina che corre nuda per la Guerra del Vietnam, la bambola per terra per l'attentato di Nizza di quest'estate, e si potrebbe continuare. Ogni "fatto" (in senso storico) è caratterizzato da tante realtá, ed ogni simbolo non è che l'emblema di una situazione più complessa.
 L'Italia del terremoto è l'Italia ferita nella sua identitá, umana, storica, culturale.
Viene da piangere a pensare a quanto della nostra identitá si sta sbriciolando sotto i nostri occhi. Un'intera basilica (tra l'altro fondata da un monaco che con la sua regola è stato un modello di rinascita religiosa e civile) con il suo odore di incenso e di arti dette preghiere, un colle che dagli occhi avidi di un poeta è diventato per tutti noi qualcosa di più, "l'immenso" che ci ha fatto sognare; per non parlare di paesi che non esistono più, di geografie cambiate per sempre, di strade vicoletti e negozi morti sotto la polvere, e vite da ricostruire private di un proprio baricentro ontologico di riferimento.
Sentire tremare la terra sotto i piedi fa paura, è destabilizzante, angosciante, ti toglie certezze e stabilitá, ti ricorda nel modo peggiore la nostra fragilitá.
Penso a quelle persone che hanno perso tutto, che devono ricominciare, che affrontano situazioni difficili e che stanno soffrendo con una dignitá ed una forza umana senza pari.
 Penso alla "ginestra" di Leopardi ed a quella natura indifferente al bene dell'uomo, lontana e a volte matrigna, che "non s'avvede di quello che fa", come si diceva un tempo ad un Islandese. Penso a quel fiore che di fronte alle "magnifiche sorti e progressive / dell'umanitá" è capace di abbassare la testa con dignitá, tuttavia mantenendo la sua fragilitá con vera grandezza.
A quel fiore che è come questa gente, a quel profumo che manda, che nobilita una terra ferita, soltanto per la tenacia e la semplicitá con cui resiste, e vi resta attaccato.

Questi campi cosparsi
Di ceneri infeconde, e ricoperti
Dell'impietrata lava,
Che sotto i passi al peregrin risona;
Dove s'annida e si contorce al sole
La serpe, e dove al noto
Cavernoso covil torna il coniglio;
Fur liete ville e colti,
E biondeggiàr di spiche, e risonaro
Di muggito d'armenti;
Fur giardini e palagi,
Agli ozi de' potenti
Gradito ospizio; e fur città famose
Che coi torrenti suoi l'altero monte
Dall'ignea bocca fulminando oppresse
Con gli abitanti insieme. Or tutto intorno
Una ruina involve,
Dove tu siedi, o fior gentile, e quasi
I danni altrui commiserando, al cielo
Di dolcissimo odor mandi un profumo,
Che il deserto consola.
                                       (La Ginestra, I)

mercoledì 2 novembre 2016

PIÙ DEL MONDO

La cosa piu bella del mondo? il sole
Il gesto più dolce del mondo? l'abbraccio
Le parole piu belle del mondo? il bacio
Il legame più forte? la mamma
Il profumo piu buono? l'infanzia
La garanzia di felicitá? una sorella
Il sogno più importante? te stesso
La carezza più attesa? un padre
Il rumore più vivo? il mare
la poesia più gentile? un respiro
Il sogno più ambito? un sospiro
Il posto più prezioso? il tuo cuore
La lacrima più sperata? un amore
L'emozione più calda? io e te
La promessa più vera? noi insieme
Il "noi" più forte? Per sempre

lunedì 31 ottobre 2016

ALTROVE E PRESENZA

Dove vanno a finire le mie parole,
 qui in questo silenzio di una terra sconosciuta.
Ti scrivo e ti parlo, ma non so
se ti raggiunge il mio pensiero,
il fluire di un sogno che è conforto e presenza,
la stretta di un abbraccio che vuole intrappolare il tempo
e farlo carezza.
Chissá dove finisce il rumore del vento,
quando tutto attorno e pace e silenzio.
Dove si spengono le stelle,
quando tutto sbiadisce in una pallida luce e tutto
è ancora una volta reale.
Il rumore del mare no, non cessa mai, è sempre nuovo
e sempre diverso,
e accompagna i cuori che l'uomo trascina con se',
i pensieri che s'insinuano e non hanno mai sosta,
i paesaggi che scalfiggono, i baci che si perdono,
e tutto è istante, e tutto è invenzione.
Io ti scrivo e ti parlo, parlo a te e forse un po' a me,
e vorrei averti vicino, trovare il candore di una promessa infinita,
ma non so,
non so se ti arriva il pensiero mio di te,
se la distanza annulli i ricordi, e le notti di stelle
che sono altrove e presenza.
Non so se ti arriva la mia voce,
se le parole non dette siano solo silenzio pieno e il mare un rumore assordante.
Non so, eppure ti parlo.
Le luci della notte sono camere di sogni e presenze.
Le terre lontane, fantasie di profumi e quotidianitá.
 Le parole che cerco sono quelle che dicono un antico prezioso.
Tutto attorno il mare, respirando la notte,
in un'assenza che sa comunque di te.
 
                                          Capo Sperone, 28 ottobre

martedì 18 ottobre 2016

LE NUVOLE IN UNO SPECCHIO E IL CIELO SOTTO I PIEDI

              Quanto sei bello autunno sul mare...
            Mi piace questa pioggia, e questo rumore, 
             e questo colore che si infrange nella foschia. 
        E questi alberi. E le foglie larghe per terra. 
          E le pozzanghere.  
            E questa solitudine. 
           E questo silenzio.
               Le nuvole in uno specchio e il cielo sotto i piedi.
        Casa. 

lunedì 17 ottobre 2016

E SI ARRIVA ALLA LUNA

A volte vorrei ci fosse una strada giusta per tutte le cose. Quella da imboccare che porta diretta alla meta, quella con le indicazioni precise, con i segnali messi lì non per caso, e ognuno con un'immagine, un sapore, un'emozione in più da prendere e portar via.
Sarebbe un mondo un po' strano, pieno di strade colorate e dalla parvenza sottile come di sogno, un mondo che tu ti aspetti di trovar l'arcobaleno, e corridoi incantati e pieni di mistero, un mondo che conduce lontano, e che ha intorno tante stelle, e foglie, fiori e fasci di luce.
Da questo mondo sceglierei la strada per me. Quella che parte dal mare e porta alla luna, la luna che da quaggiù anche se le corri davanti non puoi toccare -più ti avvicini e lei è lontana- ma che porta alle scelte migliori, alle persone speciali, alle emozioni sfiorate in attimi di attese e di
meraviglia...
o forse sceglierei quella per te. Aspetterei che il vento modelli la sabbia ed incroci i percorsi e i passi degli uomini, che confonda i pensieri ed unisca gli accenti, fintanto che non assecondi ed incanti il mio battito che significa te.
Allora sarebbe bello perdersi, perdersi su strade colorate o cristalline parvenze, su strade
dove ci sono segnali precisi che ti dicono la via, e le emozioni sono quelle che ti tengono per mano, e sono bellissime.
Sarebbe magica la vita, con tutte le sue sfumature, con le sue svolte improvvise ed i suoi tramonti di pesca, con il suo candore indelebile che lascia via paroloni e serietá, e si scrive nella pelle, dove ci sono tutte le cose che contano, e non fanno rumore.
Forse perchè non serve un mondo incantato per fermare un'emozione e tenerla per sempre,
forse perchè non ci sono distanze- nè parole, nè frasi- quando il viaggio di un cuore è diario di un'anima, quando questa conserva tutto, quando questo tutto è sempre con te, sia questo un odore, un ricordo, un sentimento, un pensiero, un amore.
Ci sei e sei un pensiero felice, ci sarai e sei il passato che ritorna, una gioia gentile, un sapor di tenerezza, sulle strade imprecise della vita, avanti ed indietro, dove forse il mare per una volta si ritira, e si arriva alla luna...


sabato 15 ottobre 2016

RAGGIO DI SOLE

Cercherò il sapore di un ricordo su un vetro appannato che non trattiene il freddo.
Il freddo di un pomeriggio d'autunno, un pomeriggio che illanguidisce nel silenzio, e nel grigiore muto delle cose che sono, e non danno rumore.
Cercherò una notte che sa di stelle lontane e opachi languori, una luna cristallina e gentile, un gesto che sa di poesia, laddove tutto è spento e silenzio.
E poi aspetterò il sole...quello tiepido che sa riscaldarti anche con il vento, quello che da'luce al sopore, quello che rende speciale l'autunno nell'abbraccio di un cuore che aspetta e che cerca...perchè il sole sa scaldarti anche da qui, lontano mesi di distanza, lontano anni luce e spaziali profonditá, e stagioni lunghe come cartoline di giorni lontani.
Sa scaldarti con il vento freddo che ti taglia la faccia, con l'inverno nei pensieri e nel cuore, con la sua forza che è come una piccola gioia.
Forse perchè la vita è così. Ti viene addosso in un'esplosione di luce, quasi ti acceca, e tu non capisci più niente, e pensi che questa sia la normalitá, la felicitá, e che questa sia destinata a durare per sempre. Ma poi ci sono i giorni di pioggia.
E tu te ne stai lì, dietro un vetro oppure per strada, inconsapevole dei capricci del destino e del caso, delle leggi di natura e della vita, che quelle sì sono molto più grandi di te. E allora impari piano piano che i sogni non sono promesse, che i desideri non sono contratti, che le lacrime non cancellano le tante veritá, nè le modellano in una forma nuova. Impari che il sole che acceca e che brucia è un momento di inconsapevole ed inafferrabile felicitá, che l'eccesso non può durare, nè tantomeno riscaldare per sempre. E che le giornate d'inverno non sono infinite, eppure ci sono, e quel freddo non è che la dimostrazione di un ciclo che scorre, necessario eppure inclemente.
La vita con le sue stagioni, la vita con le sue istruzioni, la vita con le sue promesse.
Ma ci sará un raggio di sole, nelle giornate più calde ed in quelle più fredde. Uno vero, che sará come una brezza o una carezza, che sará il tepore che riscalda, e il candore che seduce.
Ed in questa piccolezza è la vera felicitá.
Perchè le luci che abbagliano possono anche affascinare,
ma solo certi tepori sanno come riscaldare, colpire il cuore e durare per sempre...

lunedì 3 ottobre 2016

STRANO QUESTO MONDO

Strano questo mondo che va avanti e non ce ne rendiamo conto.
 Strano questo tempo che passa e non ci dice nulla nè ci avvisa prima.
Strano questo cielo che oggi era pieno di sole, ed ora é un tormento di pioggia e di vento.
Questo mondo che cammina a testa in giù senza vedere, questa corsa verso qualcosa,
questo inseguire il momento senza viverlo davvero.
Viviamo in un mondo che ci insegna che la tivù non è mai la veritá, in un mondo in cui un Brad Pitt non è bastato a far funzionare un amore e le luci e i lustrini sanno essere freddi talvolta.
Un mondo che va avanti portandosi i "senza". I senza casa, i senza famiglia, i senza lavoro, ma tutto é un vortice di inumana comprensione, forse perchè non ci sono perchè, è tutto è un "senza senso o un senza speranza".
Eppure il tempo delle favole prima o poi finisce, Jovanotti ha compiuto 50 anni e il telefono senza fili non è più un gioco nè tantomeno un ricordo, Robbie Williams non è più di questo mondo ed i Pooh hanno cantato la loro "ultima notte insieme", - Banderas continua a sfornare biscotti e Bridget Jones continua a sfornare fidanzati, ma queste sono eccezioni, e per giunta anche un pó sfigate, ma dipende sempre dai punti di vista-.
Non sono i "sì", i "no" ,i "forse", o i "perchè". Sono i "senza", che in questo mondo vanno avanti.
E ognuno ha il suo.
Internet senza fili, pasta senza glutine, iva senza costi aggiuntivi, burro senza grassi, fondotinta senza nichel, sogni senza sapori, ideali senza valori, amori senza batticuori, identitá senza noi, parole senza suoni, suoni senza parole...
in un mondo che passa e che ha sostituito al bianco e nero i colori, i pixel ai cartelloni e i byte a tutto ciò che prima era reale, non sono solo le torte senza uova e il caffè senza caffè a cambiare le cose. Forse se ci fossero meno "senza"e più "con" qualcosa sarebbe diverso, le amicizie non sarebbero senza persone e gli affetti senza sentimenti, l'amore avrebbe il giusto spazio, e l'identitá ne acquisterebbe in una autentica vita, senza "apparire" ma piuttosto per "essere".

sabato 1 ottobre 2016

UN BINARIO TARGATO FELICITÁ

Non so dove vadano tutti questi treni che mi passano davanti, dove si fermino, dove riprendano i propri percorsi.
I binari si inseguono e attraversano cartoline senza meta, sprazzi di vite vissute, quotidianitá intraviste nella luce di un treno che velocemente corre via.
Dietro i finestrini dei vagoni, piccoli giorni di sempre s'intersecano per un momento ai tuoi giorni,
 per un frangente di secondo, altre vite si sfiorano e si mischiano alla tua, e tu sei lì, per lo più inconsapevole, a prenderti quella vita che ti passa vicino e che ti accompagna sempre senza conoscerti mai, che puoi solo immaginare, nel fruscìo di un attimo che intanto scorre via.
 È lo sfiorare di un attimo, tutto arriva, tutto passa, tutto corre via.
C'è tutto un mondo nei vagoni di un treno, un mondo di valigie piene di vite vissute e di pensieri, di giornali stropicciati sui sedili e luci strappate alla notte, vite accortacciate che proiettano la loro immagine di sè, dal freddo di un finestrino che velocemente scompare.
Intraprendi il viaggio, e non sai mai quale posto ti tocca, quali sono i tuoi compagni di avventura, scelti dal caso e dalla sorte, dai capricci di un signore irriverente, non sai con quali passeggeri dividerai il tuo percorso, a quale fermata se ne andranno, quali bagagli porteranno con sè.
Il treno passa e va, e c'è chi sale e chi scende, chi ha lasciato un giornale, e chi ha abbracci tanto stretti da sussurrare, lì su un binario di una stazione sconosciuta.
Il treno passa e va e attraversa confini, lascia dietro di sè malumori e nostalgia, amori finiti e nuove occasioni, orologi guardati distrattamente e chiacchiere improvvisate senza preavviso, orizzonti immensi racchiusi dietro un vetro.
Non so dove portino queste rotaie, dove finisca questo fruscìo veloce eppure stridente, dove s'incrocino i bivi e si cambino i binari, eppure tutto succede, mentre si scrivono i destini della gente, e il vento li porta con sè, lungo un treno che corre veloce, su sentieri e geografie sconosciute, su perfette geometrie che nulla sanno della vita vera, quando questa è silenzio, quando questa é magia.
Forse perchè i binari sono i luoghi della certezza, sono i percorsi "facili", quelli dove sai e sei certo di arrivare, i luoghi dalla perfetta linearitá che costruisce giustizie ed ovvietá. Sono i posti un po' speciali, in cui tutto avviene con ordine, e tutto è "naturale" nel suo divenire concreto e reale.
 E il viaggiatore lo sa, il viaggiatore che pur ogni giorno percorre la sua strada ed è lì, lì con il cuore sottosopra, lì con una realtá che non va mai come dovrebbe, lì con i desideri e la vita e le parole che sfuggono sempre e che non sono mai quello che sono... mai come i binari, perfetti e lineari al capolinea, i binari che non rispettano necessitá e tanto meno vulnerabilitá, che vanno come vogliono, e non lasciano possibilitá.
E tutto passa, s'evolve, finisce, muta. Resta, anche, nei casi eccezionali, ma è solo per qualcuno, per chi vi si aggrappa forte e diventa un pò poeta, un pò folle o un po' bambino.
E così non c'è niente di più triste di un binario vuoto dopo che un treno è andato via.
Niente di più malinconico, di vagoni vuoti e treni abbandonati in una piccola stazione di provincia, sotto un cielo d'autunno senza nuvole e vento.
Niente di più bello, quando il treno arriva e passa e va, quando le valigie si appoggiano sull'asfalto, ed intorno è solo una danza, danza di sguardi e di promesse, di abbracci infiniti che sembra di stringere incanti.
Il viaggiatore lo sa e...comunque va.
Va con il suo disordine dentro e con i suoi sogni malandati, con il cuore sottosopra ed i desideri alla rinfusa, con i baci mancati e gli aquiloni lasciati nel vento, con i malditesta e gli scoppi di risa, con le valigie troppo pesanti e mai piene del tutto.
Va e non si sa dove nè come, su strade lineari o percorsi confusi e pieni di insidie, magari sbuffando o fischiettando come quello stesso treno che è preciso ed implacabile, nel seguire le sue orme ed il suo sentiero.
 Come quelle rotaie, come quei binari, egli va...
con un biglietto timbrato tra le mani o meno, con una direzione in testa e una in cielo, forse, soffrendo, fantasticando, ma sempre e solo con nel cuore, come meta la felicitá.

sabato 24 settembre 2016

NOSTALGIA

Autunno sei uno stato d'animo, sei la nostalgia per qualcosa che è passato ma non se ne vuole andare. Sei le foglie che accarezzo sull'asfalto, la ruggine di un sentimento che è dolce pensiero, il torpore di un candore che non vuole finire.
Autunno sei tu.
Sei la tavolozza di colori che è una continua poesia, sei nel giallo, nel marrone, nell'ocra, nel raggio di sole che tuttavia non vuole dormire, sei nel tepore di un abbraccio immenso, in un canto sbiadito, in un soffio di vento, in un sospiro, in un sussurro perso e lasciato svanire.
Autunno sei così.
I bambini ti disegnano e colorano le foglie, i poeti ti lamentano, i sognatori ti incantano e sul vetro freddo della notte ti inventano la luna, la luna pallida che i pittori riempiono per te e che ogni sera è più lontana, forse perchè sei tu, e a te non servono cieli pieni di forse e di perchè, di mani e di parole.
Sei mite autunno, e sai essere triste, se vuoi, nel giorno che più velocemente si spegne, nel grigiore infinito della pioggia, nella lentezza di tutte le cose che restano e che non trovano pace.
Ma cosa sei veramente?
Un'idea, una necessitá, un fastidio, un tormento, una rivincita, un sogno, un bisogno?
Sei tutto questo o c'è altro, tra settembre, ottobre, novembre e dicembre?
Sei la malinconia della luce solitaria di un lampione, o la tenerezza di un pensiero rubato?
Così s'accompagna al fumo di un camino la nostalgia di un ricordo mai assopito. La malinconia di una assenza sofferta, la presenza silenziosa di un giorno migliore.
Perchè anche questo sai essere alla fine, autunno, nella luce del sole tra le foglie che cadono, nel tepore limpido di un raggio di luce, nel mare che riprende il suo corso e si lascia ancora una volta sentire...un giorno migliore.
Un giorno migliore per assaporare il presente, un giorno diverso per accarezzare il passato e scoprire qualcosa in più da scaldare sottovoce, fintanto che qualcuno o qualcosa non lo faccia per te, fintanto che non tornino a sbocciare i fiori ed i profumi... gli abbracci stretti ed i sorrisi.

lunedì 19 settembre 2016

"TRE VOLTE ALL'ALBA" di A.Baricco. Una recensione o "lettura imperfetta"

Una impostazione episodica riscaldata dalla luce di un’alba che tutto riaccende e tutto mette in moto. Sono questi i tre momenti di “Tre volte all’alba”, romanzo di Alessandro Baricco, testo d’una originalità e poesia particolari, non usuali. In una cornice in cui a farla da padrone è la luce di un giorno nascente, in un libretto in cui il feu rouge è l’incontro magico dei destini e della vita, Baricco incastona con il suo tocco delicato e geniale dei quadretti d’alta espressività, quadretti che vedono i personaggi che vi si muovono inseriti in un disegno più grande di loro, in cui protagonista è la vita, con tutte le sue realtà e le sue scelte.
La vita con tutte le sue sfumature, quelle del rimpianto, del dolore, dei desideri, della sopportazione, della vita che pure prende il suo posto e fa’ le sue scelte, quelle del tempo che passa, che sono come le mille sfumature del cielo in un’alba nascente.Già, la luce dell’alba, <<la luce giusta per tornare a casa>>, la luce migliore <<per sentirsi più puliti>>, la luce che non cancella le cose ma che tuttavia te le restituisce in una maniera nuova e <<reale>>. La <<misteriosa permanenza delle cose nella corrente mai ferma della vita […] La misteriosa permanenza dell’amore, nella corrente mai ferma della vita>>.
La risposta c’è in Baricco, c’è velata come non mai nella luce <<metallica>> dell’alba, rivelata nella luce che pulisce e salva, nella <<luce cristallina>> che si alza a <<riaccendere le cose ed a rimettere in movimento il tempo>>, che è come una poesia che si accenna pian piano nel riflesso dolce del tempo che passa.
E non è indolore, no, questo no, perché per ogni casa che brucia c’è sempre per tutti <<qualche rovina che fuma>>, che fumerà per parecchio tempo, riverberata dalle luci blu che tutto circondano di qualche auto di polizia nella notte, che è come una ferita assopita ma sempre aperta. Nei quadretti di “Tre volte all’alba” il passato ti viene incontro con la delicatezza d’un soffio. C’è, si sente, condiziona pesantemente la vita dei protagonisti, le loro scelte, i loro modi di agire e di pensare, essi sono così perché c’è qualcosa che li ha cambiati enormemente, ognuno di loro porta con sé la propria storia, il proprio carico di dolore, di sofferenza e di riscatto.
Sotto la luce dell’alba avvengono tre incontri. Il primo, di una donna e un uomo in una stanza d’albergo, il secondo di una giovane con un uomo molto più grande di lei, portiere di un albergo, il terzo di una donna con un ragazzino. <<S’incontreranno per tre volte, ma ogni volta sarà l’unica, e la prima, e l’ultima>>. Tre storie dunque, che s’intersecano per un solo momento in questa cosa più grande di noi che chiamiamo “vita”.  Tre storie che s’incontrano e l’un l’altra –forse- si salvano, sotto quella luce più bella e speciale delle altre, che pulisce e riapre il giorno, riapre le possibilità.  E la risposta è forse in quella fitta che non si capisce, che rende tanto difficile <<separare il dolore del rimpianto dalla sensazione bella di aver combinato qualcosa di buono>>.  È in quella <<misteriosa permanenza delle cose>> nel fluire inclemente e tuttavia, a modo suo, bello della vita, in quelle cose che ci sono vicine, che a viverci insieme, prendono come <<una mano leggera di vernice, la tinta di certe emozioni destinate a scolorare, sotto il sole, in ricordi>>.

La misteriosa permanenza dell’amore, nella corrente mai ferma della vita.  Appunto.               

ESTATE OGGI

Settembre sei iniziato così, con la luna in una pozzanghera ed un biglietto tra le mani per un viaggio in treno tra poesia e modernitá. Hai lasciato un lungomare ancora pieno di gente, gli amici, il rumore del vento ed il profumo della spiaggia nella notte, gli abbracci stretti e le frasi lasciate a metá. Poi ci sono stati i binari, i finestroni pieni di vita su cui scorrono presunte felicitá e s'affollano realtá, ci sono stati i tetti lontani e i palazzi alti che sembrano case..le linee affollate, i musei, i negozi, le dolcezze che salvano vita, gli affetti che la colorano. E non basta una fotografia per fermare il ricordo, per dar presenza ad una "meta". Forse serve un ritorno, un viaggio a ritroso, con la valigia un pò più vuota o un pò piena...fai tu. Ma non basterebbe.
E allora ci pensa il mare.
Sì il mare e questa estate di oggi, solo per me, tutta mia, racchiusa in un raggio di sole e in un ritorno che sa per una volta ancora di dolcezza e nostalgia, questa estate ancora qui, bella sorpresa, tra felicitá e sprazzi di infinito, un istante perfetto, immutato.. qualcosa che tuttavia è ancora qui, per una volta ancora, qualcosa che è destinato a finire ma c'è ancora, lo sento ancora, sulle guance di nuovo arrossate e non solo.
E non solo.
Un fotoricordo.

lunedì 12 settembre 2016

OGGI PRIMO GIORNO DI SCUOLA

"Oggi primo giorno di scuola. Passarono come un sogno quei tre mesi di vacanza in campagna! Mia madre mi condusse questa mattina alla Sezione Baretti a farmiinscrivere per la terza elementare: io pensavo alla campagna e andavo di mala voglia. Tutte le strade brulicavano di ragazzi; le due botteghe di libraio erano affollate
di padri e di madri che compravano zaini, cartelle e quaderni, e davanti alla scuola s’accalcava tanta gente che il bidello e la guardia civica duravan fatica a tenere sgombra la porta." (De Amicis, Cuore)

Oggi primo giorno di scuola. Si torna tra i banchi ed un nuovo anno ha un pò inizio.
Ha inizio per quei bambini, ragazzi, che ogni volta si sentono un po' "più grandi", per quegli alunni, studenti, che ogni giorno al suono di una nuova campanella gettano le basi, costruiscono e sperimentano "cosa vuol dir esser se stessi", lo è per i proff che ancora una volta come sempre, imparano cosa vuol dir "tornare bambini". Giá perchè tutti a scuola tra quei banchi ci siamo cresciuti, ci siamo formati, abbiamo avuto il primo approccio con il mondo e con gli altri, abbiamo pianto e sorriso, imparato il sapore della soddisfazione e conosciuto quello della delusione.
Tutti, tra libri e penne rosse, tra lavagne "ingessate" e registri scorti con terrore, abbiamo creato ed incontrato noi stessi, plasmando le nostre capacitá e potenzialitá su quella versione di greco o quell'esercizio di matematica (di quella brutta acida "sadica perversa" di una prof -chè le parolacce non si possono dire), confrontandoci in un contesto classe che era giá un pò "mettersi in gioco nel mondo" rispettando l'altro.
Ed oggi un nuovo anno scolastico incomincia e quasi mi viene da pensare agli astucci pieni di matite colorate, ai quaderni bianchi, al diario tutto da riempire. Ricordo il grembiule blu delle elementari, i capelli legati e i fermagli scelti da mia madre, la gioia spensierata delle medie e gli amici di allora. E ancora...il liceo e le corse selvagge per non perdere il pulman, l'universitá, le lezioni meravigliose ed ancora le corse dietro agli autobus che non finivano mai...mah forse perchè la vita è una lunga corsa fatta di fermate e nuove partenze (e non solo la mia carriera scolastica degli ultimi anni), forse perchè la scuola è una costante della vita e della civiltá, eppure anche se l'abbiamo odiata, amata, derisa, ringraziata, questa ci ha lasciato qualcosa.
E non solo se sappiamo (o meno) trovare una radice quadrata o un ablativo assoluto. Ci ha lasciato quella capacitá di apprendimento che dura ancora oggi e che di fronte a quelle conoscenze da acquisire e mille realtá cui ci sottopone la vita, sconvolgendo certezze e modi di pensiero, ci fa sempre capaci di guardare al giorno nuovo e far fronte alle cose, rendendoci "liberi", rendendoci sempre più cittadini del mondo. Ed io a scuola adesso, forse ci tornerei volentieri. Magari sarei come la signorina Eugenia del De Amicis «che ritorna a casa ogni giorno arruffata e sgolata, tutta ansante e tutta contenta, con le sue belle pozzette e la sua penna rossa», o forse no, mi verrebbe da ridere a pensarci, ma sarebbe bello lo stesso.
Come alunna o come prof non ha importanza. Perchè se la scuola ci ha dato qualcosa, ognuno di noi tra quelle sedie e quegli zaini pesanti ci ha lasciato qualcosa. Una parte di sè, del proprio mondo, della propria vita. CUORE direbbe De Amicis, ma forse sarebbe fuori tempo.
O forse no.
Buona scuola a tutti!!

mercoledì 7 settembre 2016

AUTUNNO

E così sei arrivato davvero, e non é solo un ritaglio del tempo, uno scherzo capriccioso del sole che non c'è e si nasconde dietro una nuvola.
Sei arrivato con questa pioggia che viene chissá da dove, con questi profili ondulati che in lontananza sanno giá di una terra ormai spenta,
una terra assopita e pronta al riposo,
a quella calma che ovunque è silenzio.
Settembre, tempo di bilanci, tempo di progetti, tempo di ricordi.
Di bambini che si rincorrono e si scambiano promesse, di muri bianchi pieni di scritte, di stazioni ferroviarie battute dal vento, di vecchi binari abbandonati e lasciati chissá dove.
Sei arrivato veloce quest'anno, autunno, senza il profumo di caldarroste o di legna da ardere, senza i guanti sulla pelle e i libri di scuola, forse perchè sei uno stato d'animo, o forse perchè qui non ci sono più luci, non ci sono più voci, e tutto è tornato "ancora una volta" reale.
Qui dove pure qualcosa è successo, dove pure qualcosa è rimasto, dove pure ci resta qualcosa.
E non mi interessa se il mare cancella le orme, se il vento porta via le foglie, se nell'aria si perdono gli odori e svaniscono le attese.
Tu vieni autunno ed io ti accetto,
ti guardo nel mare e ti ammiro,
ti cerco nei colori d'oriente di queste piante appena ingiallite, nell'amaranto, nell'oro, nell'ocra, nell'arancio, nel verde,
nel tepore di una stagione dove tutto è assenza, e dove tutto è presenza.
Perchè qualcosa rimane, alla fine. Rimane e ti riscalda, per ore, giorni lunghi e infiniti, mesi oppure anni, ed è una cosa dolce, rara e perfetta.
Una cosa speciale...
E mi va bene cosí.

mercoledì 31 agosto 2016

FINE D'ESTATE

E la senti arrivare così la malinconia, portata dal vento di una fine d'agosto, quando la spiaggia è giá troppo vuota ed in cielo sopra di te non ci sono più gli aquiloni.
La senti nel passo di un ambulante solitario che intanto silenziosamente va, la scorgi tra le case troppo vuote, con quelle finestre chiuse e serrande abbassate che raccontano di un anno che giá è andato via, la respiri in un sospiro infinito che non sa più cosa aspettare.
E intanto qui giá cadono le foglie, in questa estate finita troppo presto, qui cadono le attese e giá la sabbia la sera è fredda, in questa premessa d'autunno che porta via con sè colori ed emozioni... qui, dove tra un pò tutto tornerá come prima, dove il mare ritroverá il suo spazio ed i gabbiani riavranno il cielo e il proprio volo.
Qui dove vedo la gente andare via, portandosi dietro cose e rumori, portandosi dietro un pò di me, portandosi via la mia estate, e questa spiaggia che ormai è spenta, e di notte troppo lontana, nel suo silenzio lento ed immutabile.
Ed io, dove tra poco ci saranno solo la luna, le stelle ed i gabbiani, con questa sabbia che mi scorre tra le mani e che vorrei stringere forte ma che velocemente scivola via, io che odio la parola fine e tutto quello che vuole significare, cerco ancora un segno che non sia giá assenza.
Lo cerco nel vento, nelle voci qui attorno e ancora presenti, nel profumo di una granita al limone, o di una crema abbronzante che sa di cioccolato e di dolci promesse.
Lo cerco sul lungomare sporco di sabbia, lungo la riva dove pure qualcuno ha lasciato un'impronta, nella mano di un bambino che tiene un palloncino e non vuole farlo andar via, lo cerco perfino nell'acqua del mare, che adesso è freddissima, ma nel riflesso lassù è come tuffarsi ancora nel sole.
Un sole un pò spento, come lo sono i sogni estivi ed i pensieri, un sole pieno di nostalgia, come lo sono i ricordi e gli abbracci che sanno di sudore e di sale, un sole di malinconia...che è mancanza e assenza, triste e dolce veritá, intanto che tutto sbiadisce e resta solo un tenue rossore.


sabato 27 agosto 2016

ASPETTANDO MILANO

Ci sono luoghi della memoria che puoi ripercorrere ogni volta con la fantasia, in lungo ed in largo, così come fanno gli artisti ed i cercatori di fortuna.
Luoghi della mente, poetici nel loro essere "altrove", evocatori di sogni e di pensieri felici che ti lasciano la magia dell'infinito, e luoghi reali, immaginari e misteriosi, casi fortuiti messi lì chissá come dal tempo e dalla sorte, che ti fanno pescatore di emozioni, mentre ti danno la straordinaria sensazione di essere vivo.
Succede in viaggio, ad esempio, ed è una sensazione che ti prende giá quando prepari la valigia. Attesa del nuovo e paura del diverso, mentre butti dentro quelle cose che hanno fatto un pò la parte di te, mentre ti prepari a chissá cosa poi, perchè l'ignoto non si prepara a tavolino, ed ogni giorno è una scoperta.
E tu accarezzi l'istante, immagini il momento e lo accantoni subito per non rovinare l'originale, pensi a te, ad ogni fine e ad ogni nuovo inizio, che è l'essenza del viaggio e la carta d'identitá del viaggiatore. Il viaggiatore che è sempre in movimento e non si ferma mai, che non è in nessun luogo e appartiene un pò a tutti, che non riconosce una casa perchè abita a modo suo tutte le case del mondo.
E il viaggio è conoscenza, di sè e del resto, è il "cielo in una stanza"che si dilata fino ad abbracciare l'infinito, è la diversitá che ti scava dentro senza per questo distruggerti mai.
Viaggiare è bello perchè ogni volta in viaggio ritroviamo noi stessi. E non solo nel vetro del finestrino di un treno e nel rombo assordante di un aereo e la sua scia luminosa, non solo nel riflesso di un faro o nella sirena di una metro...troviamo e "ri-troviamo"noi stessi come conferma di quello che siamo stati e che siamo, nel rombo assordante di una emozione che ci insegna sempre qualcosa di noi.
Il viaggio di Ulisse nell'Odissea era circolare, l'eroe parte da Itaca e ritorna ad Itaca confermato nella sua identitá. Il viaggio della modernitá è lineare, non può arrestarsi, e pure tuttavia ci porta a scoprire una parte di sè, ad arricchire una parte di noi, noi che cambiamo e passiamo, ma siamo sempre, e non ci perdiamo mai.
Così vorrei avere la stoffa del viaggiatore, che conosce il mondo e le strade, che ha la bussola dentro, e poche cose da portare con sè.
Mi piacerebbe una penna in borsa e due dadi in tasca per ingannare la sorte e cercare l'incanto, una cartina piena di mete con un itinerario che non seguirei mai, ed un biglietto da timbrare dritto per la felicitá.
Ma so che non si può, ed allora stringerei tra le mani la tua mano, pensando a tutte le strade del mondo, felice di avere tutto il mondo con me.

mercoledì 24 agosto 2016

Quando stanotte abbiamo sentito quella scossa fortissima, alcune persone stavano morendo.
Una intera cartina geografica in pochi secondi ha cessato di essere quella che era, ha cessato di esistere, così come la vita di quella povera gente rimasta coinvolta.
In meno di una notte tutto può cambiare. E mi lascia sgomenta la precarietá di una vita che ci sembra scontata, la cosa più normale e banale che ci sia, mentre magari ne "scorriamo" i momenti con un touch e ne sprechiamo l'essenza per assurditá, senza pensare cosa realmente significhi essere vivi. "Come le foglie" -ἡμεῖς δ', οἷά τε φύλλα- diceva Mimnermo, l'abbiamo tradotto sui libri di scuola, "quale delle foglie, tale è la stirpe degli uomini" - οἵη περ φύλλων γενεὴ τοίη δὲ καὶ ἀνδρῶν - ci aveva insegnato Omero, eppure mai niente come la realtá può insegnare cosa sia davvero la vita.
Un pensiero di solidarietá per tutte quelle persone che stanno soffrendo, perchè non sempre è possibile capire, comprendere, spiegare il male e il perchè del dolore, perchè esistano e facciano male.
Un pensiero di speranza, di vita, per quelle storie vere, che ci sono attorno, e che purtroppo non sono solo informazione, o spettacolo.

"[...] Lungi dal proprio ramo,
Povera foglia frale,
Dove vai tu? - Dal faggio
Là dov'io nacqui, mi divise il vento"  
                 (G.Leopardi, Imitazione, Canti)

lunedì 22 agosto 2016

EMOZIONE

Caro amico mio,
ti scrivo per dirti che é bello pensarti, per dirti che è dolce lo stupore di una cosa che non pensavo potesse esistere.
Oggi piove, e la pioggia d'estate ti culla i pensieri, mentre tutto intorno è quiete e silenzio, e il mare da lontano è un brivido di inarrestabile poesia.
Ti scrivo e mi piacerebbe parlarti, raccontarti di me, dare vita ad un presente che è solo fantasia, ingannare il tempo con un "noi" pieno di magia.
Ti scrivo anche se non dovrei, anche se non posso, anche se non lo saprai mai, eppure mi riesce facile lasciare libere le emozioni, se ci sei tu a farle esistere.
Allora colorerò un'attesa che sa di incanto e paura, ingannerò il tempo e me stessa, penserò a te e non te lo dirò mai.
Affiderò la mia solitudine ad un sogno, cercando riflessi di luce in una pozzanghera.

A KATY

E poi succede sempre così. Tu che torni e tutto diventa rosa, e mi accendi la vita. Tu torni, con il tuo carico di dolcezza e "aspra" sensibilitá, con il tuo carico di rumore e di disordine che ti mette dentro le emozioni più belle di sempre, e tutto diventa più facile, tutto diventa possibile, quasi come il mondo fosse un fumetto a colori o la storia bella di un poeta giramondo.
Tu torni e poi parti.
E quel disordine che hai portato con te lo lasci nel mio cuore che ora è qui a chiedersi come mai non riesce ad intrappolare il tempo. Il tempo per stare insieme, per fermare un ricordo, per una foto rompiscatole con il tuo cell che è molto più figo del mio e che non è mai troppo bella e sempre da rifare, il tempo per non perderti, per non farti andare lontano, troppo lontano, per farti rimanere con me. E tu brontoli perchè non sopporti la retorica e le lacrime troppo vere che ti fanno soffrire, e lasci da parte te stessa per illuminare me del tuo affetto e della tua generosa, eccezionale dedizione, me che non sarò mai troppo "grande" per fermare un sentimento e un battito forte e veloce, quando si tratta di te.
Te che sei la mia piccolina come forse lo sono più io per te, te (e lo dico alla milanese) che sei "dolziissima" e la cosa più bella che mi sia capitata, te che nonostante tutto non smetti mai di essere te stessa e di portare la vita ovunque ti trovi ad essere, te (anzi "tu", sennò scleri e mi togli la laurea), che ti fai in quattro e sei un modello e mi insegni sempre cosa significa esistere.
Ed io vorrei starti vicino, goderne a più non posso, stringerti forte e tenerti per mano come facevo da piccola, sentirmi dire "sei una rompi.." e farti il solletico, farmi coccolare e dire male e abbracciare, ma so che non sempre si può. Allora ti dico: torna presto che mi devi aggiustare la presa del bagno, sistemare il computer e forse un pò il cuore, perchè se i giapponesi hanno il loro filo rosso e una leggenda che fa sognare, so che il nostro filo è bellissimo e non si spezzerá mai.
Ti aspetto!!
Mannaggia a te quanto mi manchi.

domenica 21 agosto 2016

"PREMIO RAFFAELE ARTESE"- Brevi note di una serata

Tante storie piene di vita. L'essenza di una serata trascorsa all'insegna della cultura, della letteratura, che è storia dell'uomo, vita dell'uomo, in tutte le sue forme e sfaccettature. Ed è stata prismatica la notte di San Salvo dedicata all'arte ed ai talenti del "Premio Raffaele Artese", prismatica perchè pagina dopo pagina, in una piazza che rivive in una luce nuova e viva, protagonista è stato l'uomo, l'uomo che a mo' di un prisma (in virtù della sua natura e della sua complessitá), non può ridursi a mero simulacro di assenze e parvenze, perchè c'è qualcosa di più che lo caratterizza, di più importante e di più prezioso. Così, il tema dell'identitá diventa un "Mezzogiorno padano", una scissione dal luogo d'origine che è profonda solitudine e coscienza di uno sradicamento dell'io che tuttavia non può ricomporsi in unità, così "La teologia del cinghiale", è la dolce poesia che ci ha fatto commuovere, con il "giuramento di Polifemo" che diventa emblema fantasioso della storia dei due protagonisti, eroi "euripidei" nell'andare incontro al proprio destino, ma giovani d'oggi, che esprimono un senso dell'esistenza più profondo e reale. E ancora.. la malattia come interruzione biografica, la granita alle mandorle dal sapore di una Sicilia assolata, il viaggio come metafora umana e altro da sè, che si configura sempre come un "ritorno". Fiabe moderne e attuali, in una lettura polimorfica che riconferma il senso del Lions club e del credo etico che lo caratterizza: la centralitá della cultura come momento di crescita personale, sociale e morale, in una piazza in cui respirare vecchi e nuovi valori è partecipazione comune della vera bellezza, dell'arte e della vita.

LA NOTTE DELLE LANTERNE

E poi il cielo si accese di poesia. Niente di più bello e dolce, lentamente le lanterne con i pensieri della gente si alzavano in volo. In volo...un volo che accarezzava la notte, tutti con gli occhi all'insù, con la musica di Vasco per sottofondo e tanti desideri da lasciare andare lassù. E noi le emozioni le abbiamo fotografate, noi come tanti altri, le abbiamo riprese, catturate in un video dove ci siamo noi e chissá chi, le abbiamo dentro perchè siamo noi e ancora noi, come prima e più di prima.
E non basta un post per fermare l'incanto. Per dargli forma e valore, per dire sí è successo davvero.
Come per tutto, del resto.
E con "tutto" intendo il tutto speciale, il tutto prezioso, il tutto che fa battere il cuore.
Perchè le cose belle instupidiscono, ti buttano emozioni che non ti aspetti, insicurezze e felicitá, giravolte nello stomaco e nella testa, mentre pure sei ad un passo dallo spiccare il volo e invece resti imbambolato, così che non le vivi per intero mai una sola volta, almeno per me, che le rivivo mille volte nei pensieri, le assaporo, le accarezzo, le consumo quasi, come un piccolo bagaglio di pensieri felici.
Che mi piace immaginare come il cielo nella luce delle lanterne.
Pieno di dolcezza, di spensierata libertá, di innocente serenitá. Che poi ogni lanterna segua il suo percorso fino a spegnersi in alto in un fascio caldo di luce, non ha importanza.
Perchè ci sono pensieri che non si spengono mai, la cui luce al massimo può affievolirsi, ma il calore che emanano rimarrá sempre lo stesso.


domenica 14 agosto 2016

CONCHIGLIA

Ci sono nascondigli segreti che hanno ancora la chiave nella toppa. Nascondigli con ancora la porta aperta, dove si sente il profumo fresco della pioggia d'estate, dove improvvisare un sogno è antica abitudine, e tu sei lì, a chiederti se nel tuo cantuccio silenzioso sei davvero al sicuro, se tutto il resto resta fuori e non c'è posto per il resto.
Ci sono nascondigli dove nascondersi è facile, dove sei solo tu, ed essere raggiunti è difficile.
Succede così, nel brivido di una canzone, nell'estasi di una poesia che ti prende all'improvviso, in una corsa in macchina che trascina l'istante e che ti ricorda la parte preziosa di te, mentre le case e le parole corrono via e tu sei lì a divorare l'incanto, nel vetro di un secondo in cui tutto fugge via.
Quando si è piccoli è semplice giocare a nascondersi. Ci si dá il tempo, un conto alla rovescia ad occhi chiusi e con il fiato sospeso, basta una tenda in salotto, una sedia, un vicoletto tagliato a metá dall'ombra delle case per strada e i migliori nascondigli diventano luoghi della memoria, i posti più probabili ed impossibili che di quel nascondersi ti lasciano dentro la nostalgia di una magia tutta tua, di uno spazio protetto, entro cui ritagliare la parte forte di te.
Ci sono nascondigli che non sono per tutti, nascondigli in cui la luna proietta la sua immagine sulla terra e tu la vedi riflessa in una pozzanghera, dove una fantasia curiosa mentre abbracci il cuscino con un lenzuolo sulla testa diventa un pensiero felice, una danza d'altri tempi sul soffitto, chiaroscuro improvvisato di improvvisate veritá, nascondigli silenziosi nelle notti di luna e di poesia.
E poi ci sono quelli in cui nascondersi in un pensiero significa diventare grande e scoprirsi bambina allo stesso tempo, quelli che si chiudono a chiave perchè sono importanti, dove crescere è bello ma restare piccoli lo è ancora di più, perchè lì sei tu, ed è tutto quello che conta.
Lí ci sono le matite colorate, i diari da riempire, i quaderni dal profumo di vaniglia, le scarpe con il laccio troppo stretto che ti fanno inciampare, ma è come fare un volo verso la felicitá.
LÌ ci sei tu e ci sono io, io che vorrei ancora lo zucchero filato e riempire il cielo di poesie e bolle di sapone, io che vorrei inseguire gli aquiloni e trovare il filo che mi porta da te, io che vorrei i fuochi d'artificio ed inventare le stelle, e il cielo, dare un nome alla notte, e sorridere alle lacrime.
Così, metterei da parte tutto questo rumore, tutto questa fretta, tutta questa confusione che non sa di nulla.
Nel mio angolino di cose belle, lascerei una conchiglia sotto il cuscino.
Per sentire il rumore del mare, l'odore della notte, il sapore sulle labbra di un sogno a metá, un nascondiglio mio, tuo e del mare...


mercoledì 10 agosto 2016

NOTTE DI SAN LORENZO


Il mito narra di una notte in cui tutto finì e tutto ebbe inizio. Una notte in cui le stelle piansero un dolore tutto loro, dopo la vampa solitaria che cadendo, aveva infuocato l'etere ed il nuovo giorno.
Il mito si è accompagnato al tempo, illuminando le notti d'agosto, quando con la testa all'insù nel cielo si cercavano le storie, le mille veritá che scandivano i giorni e le notti.
Si aspettavano le stelle tutti attorno a un fuoco nella notte, si scrutavano in mare come percorso cui diriger la rotta, si aspettavano nelle case buie come tante piccole promesse d'un miracolo più grande di noi.
Il mito narra di una caduta dolorosa, una caduta necessaria ma sofferta, e così ogni volta nel cielo, mentre gli uomini accendono i propri sogni, le stelle ricordano un pianto silente e luminoso, un pianto di magia, che diventa spettacolo di luce e desiderio di qualcosa di più.
La notte di San Lorenzo è la notte dei desideri, delle stelle che scrivono il proprio messaggio nella notte, che spengono le lacrime e accendono speranze, per chi ha ancora voglia di sognare.


domenica 7 agosto 2016

IN UN POMERIGGIO D'ESTATE

Vorrei, vorrei.
Vorrei tante cose, in un pomeriggio di pioggia, quando tutto scorre più lento, e da dietro un vetro è più facile pensare. Da qui gli alberi hanno una maestositá e un'eleganza tutta loro, e il ticchettìo della pioggia é lieve come i pensieri che si accompagnano alla sera.
Basterebbe accendere la tv, guardare i cartoni o un telefilm scemo come un tempo, aprire un libro
o disegnare le favole, eppure chissá se davvero potrei ritrovare quel tempo passato, la me stessa di una volta, quella che giocava a nascondersi in una pagina di diario, in un pomeriggio d'estate di tanti e tanti anni fa.
E mi piacerebbe. Ritrovare quelle canzoni passate di moda, quell'attesa che era una sospensione dal resto, con le gambe lunghe e snelle di mia sorella che erano sempre più belle delle mie, ma che erano un camminare insieme verso un posto speciale dal nome d'estate.
Vorrei tante cose nella pioggia d'estate, ma forse no, alla fine sento di avere tutto con me.
Forse perchè la vita ti mette alla prova, toglie e dá e cambia continuamente, ma io che rinasco ogni volta nel tuo sguardo, so che c'è un qualcosa di più che va oltre, che vince su questo tempo e questa vita.
Su questo tempo che passa e va, su questa vita che ci fa battere i cuori e ci mette in situazioni strane e confuse, che ci lascia l'incertezza e ci mette sottosopra, ma non sarebbe vita se non fosse così.
Qualcosa che va oltre c'è e resta anche a chilometri di distanza, dove c'è l'impossibile e dove non si è più.
Resta perchè lo senti in te, con il rumore e il profumo della pioggia, in un pomeriggio d'estate, in un mese di agosto.

mercoledì 3 agosto 2016

POESIA LUNGO LA RIVA DEL MARE

Cercherò le tue orme sulla sabbia, percorrerò i confini e le troverò.
Attraverserò le strade dei giorni, dove si affollano i pensieri e si accarezzano gli sguardi e ti raggiungerò, cercando l'altrove.
Cancellerò l'impossibile, dimenticherò i pianti, addolcirò il sapore delle lacrime in un sorriso nuovo che é come un bacio sulla pelle, una carezza portata dal vento, e dalla nostalgia.
Sarò cresciuta, fatta grande, sconfiggerò i mostri senza aspettare gli eroi, non crederò più alle favole ma le inventerò per te, le disegnerò sulla sabbia, con un'onda portata dal mare, lasciando i miei castelli lì, costruiti con tanta cura, liberi di crollare, se questo vuol dire ricostruirli insieme.
E poi su quelle orme vorrei mettere i miei passi...imparare a camminare e a correre meno forte, imparare la poesia lungo la riva del mare,
in un granello di sabbia che ha in sè tutte le storie del mondo.
Profumo d'antico e magia d'infinito,
in una vecchia canzone cantata lontano.
Qui, in riva, cerco la libertá che mi fa essere me, libera di essere, libera di esistere.

giovedì 28 luglio 2016

PER TE

Questa è per te che stai leggendo, per te che se sei qui é perchè mi hai lasciato qualcosa, per te che mi hai dato tanto, e ogni giorno è una piccola scoperta.
È per te.
Per te che hai dato colore ai miei giorni, per te che mi hai aiutato nei momenti difficili, per te che mi hai strappato un sorriso e fatto molto di più di quello che sai.
La dedico a te che se sei qui hai rubato un pezzetto del mio cuore ed ora è tutto tuo,
a te che mi hai visto piangere e non mi hai negato un abbraccio, a te che mi hai stretto la mano, coccolato, ferito, riso in faccia, ma non l'hai lasciata andare.
E poi è per te che mi fai battere il cuore, che mi riempi i pensieri e le parole, che mi hai dato i sogni e insegnato a sognare.
A chi è vicino senza esserci mai, a chi è lontano eppure sempre presente, a chi è importante e lo sará sempre, questa è per te.
Nel logorio del tempo e della vita le cose che restano e che contano davvero sono lì che battono e respirano con te, sono in quel sorriso che ti accende la forza, ed in quella certezza che ti spinge a guardare la vita come una cosa bella, e solo perchè ci sono persone come te che la rendono speciale.
Oggi un bambino che non conosco, nel passeggino mi ha sorriso e con la manina senza saperlo mi ha soffiato un bacino.
Ognuno di noi ha qualcosa da dare al mondo, in un modo o in un altro regala all'altro una parte di sè; ed ecco a tutte quelle persone che donano agli altri un pó del proprio tempo, della propria disponibilità, della propria interioritá e umanitá dico grazie.
Grazie perchè a volte basta poco ad essere una luce nella vita di qualcuno, a diventare un pensiero felice, un ricordo piacevole, un'emozione per sempre.
Ed io vorrei esser come quel bambino che strappa sorrisi e che non sa di sè e del mondo, che non conosce cattiveria o sofferenza e vive di dolcezza e tenerezza.
Vorrei esser come lui e il suo mondo d'amore, come te che mi hai dato un motivo per pensarti, che sei e sarai sempre con me, come la luce bella che ha illuminato i miei giorni, che li illumina tuttora, a cui dico, per tutto, GRAZIE.
Il cuore è per sempre.

martedì 26 luglio 2016

SWITCH ON THE RADIO (GAGA)

Estate tempo di musica, di lungomari percorsi saltellando, tra ciabatte struscianti e sneakers logore di sabbia e di vento.
Radio gaga imperversa nelle cuffiette dei Queen, dove Moonlight shadow è solo un ricordo e i Beatles ci hanno insegnato che "All we need is love"è meglio.
Un sottomarino giallo non è come un"beatiful stranger"per Madonna eppure quel sottomarino ci ha tracciato la rotta, in un tempo delle mele che ci ha insegnato a sognare i lenti e in un ''ray of light" a passo di danza, perché quel cambiamento era nell'aria, era in una crepa nel muro o "in wind of change"di tutte le voci del mondo.
Mi sintonizzo su una vecchia frequenza portata dal vento, in un giro di smartphone che è un post lasciato su facebook, di canzoni a colori e al "mismo sol", di ritmi rap e caraibici per giovani d'oggi squisitamente targati 2000.
Cerco un moon walk che disegna un thriller sulla pelle, di un ragazzo cattivo dal viso pallido e con il cappello in testa...invento giravolte di fantastica normalitá, mentre cammino nel vento, con un giradischi nel cuore che sento solo io.
"Ragazza magica" direbbe Jovanotti in questa estate di J-Ax e "Sofia".
"Stella cadente" direbbero i Modá, forse anche per noi, che quella stella la cerchiamo davvero o chissá.
Tutto torna nel ritmo di una canzone.
Il mare inventa capriole di spensierata libertá, gli aquiloni volano alti e dal bar si sente ancora l'odore dei cornetti caldi.
Il resto...è tutto in una canzone.

E PRIMA O POI SARÁ...LA LUNA

I pittori silenziosi lasciano i loro segni sull'asfalto, lì dove s'incrociano le strade e si scrivono i sentieri.
Percorsi fantasiosi, fatti ognuno sulla strada dei sogni, lì dove s'accompagnano i passi della gente che pure sempre lontano va, e non si ferma mai.
Gli acquerelli sull'asfalto sono gli schizzi al carboncino d'un pittore di fortuna, fatti per caso o per noia.
Io, nella luce di un lampione, accarezzo il silenzio d'una notte che sa di tempere e di sale, lì dove il giorno si spegne e finiscono le cose, nella luce argentea e luminosa della luna, che da lassù stranamente sorride.
Aspetterò i tuoi passi qui dove muore il giorno e dove rinasce, qui dove l'infinito si espande in un cielo di stelle e di gesti sfiorati, dove le parole sussurrate sbiadiscono in universi lontani, in un disegno capriccioso sull'asfalto, di un artista di strada, o di fortuna.
La luna malinconica con il suo sguardo triste sorride, e capisce i pensieri della gente, le parole dette e quelle sperate, nella luce del mare che pure segue il suo corso, e non si ferma mai.
Un ragazzo e una ragazza poco lontano si tengono per mano.
Si guardano negli occhi, incantano un mondo di sguardi che é solo loro, rubano il tempo e la storia, mentre la luna da lassù, sorride.
Non capisco il sorriso della luna, se il suo sguardo è triste e il suo alone velato..e pure vorrei afferrare l'istante, prendere questa polvere di stelle che si scioglie nel mare e tenerla per me, soffiarla sulle cose e sulle persone, dare vita alle favole, come i giocolieri o gli artisti di strada, che vanno, e non si ferman mai.
Intanto gli occhi dei due ragazzi sono sempre lí, danzano una danza che sentono solo loro, una danza di sguardi e di baci rubati, rubati al vento e alla notte, sotto quella stessa luna, che stasera per una volta sorride.
Sorride per noi, spettatori solitari di nuove e vecchie veritá, pescatori improvvisati di stelle e di sguardi, di storie perse nella notte e amori che sotto la luce di un lampione diventano danza senza musica, con la luna padrona dei nostri pensieri e dei nostri silenzi..la luna che sa di noi e del mondo, che conosce le maree che inondano i confini ed è esperta di fiabe e di preghiere, di notti insonni, di viaggi e di sentieri, così come sono le cose del mondo che pure cambiano sempre e non si fermano mai.
Ed io sono qui, sotto questo cielo terso che è giá mezzanotte, qui dove il rumore dei tuoi passi è sempre vivo e presente,
qui dove i poeti vedono i loro sogni migliori e i sognatori piangono felicitá amare e s'inventano storie, qui dove le principesse perdono scarpette, e i cantanti cantano le favole...e la luna ascolta, per te, per me, e per tutti quelli che sanno ascoltare.

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