lunedì 28 gennaio 2019

MI SORRIDO

E conto i giorni, un mese, un anno, due anni, tre anni. Faccio il gioco dei ricordi e della nostalgia, cerco la me stessa di ieri e che forse non c'é più, cerco di vedermi, di trovarmi, di pensare che il tempo è solo un brutto inganno, non lo comprendo, eppure passa veloce.

E faccio testa o croce coi ricordi belli e quelli infelici, sfido la sorte, sono cresciuta, non mi fa più paura l'insicurezza di un'età che è solo la mia, forse me la porto dentro, a volte composta a volte piú fragile, consapevole che ogni volta che è sentimento, allora quella è la vita.

Non so dove nascano le lacrime quando arriva la tristezza e copre tutto, forse dal cuore, di sicuro fa cosí male che non possono non arrivare da lí, come la felicità del resto, ed è per questo che piú hai il cuore pieno più senti, più ascolti i suoi battiti piú cresci. 
Dovevo capirlo da bambina, quando mi piaceva stare per conto mio a leggere, scrivere e disegnare, che non mi poteva bastare una compagnia vuota e acerba, che il mio batticuore era amore per la mia famiglia, per la vita, ed ogni volta era come una canzone nuova, intensa, dolcissima.

Ma come dice Guccini "quel vizio che ti ucciderà é solo vivere, vivere, vivere". Ed io allora non lo sapevo che per mantenere i sogni ci volevano i giorni delle fiabe, e che tutto è troppo grande per essere irreale per sempre. E cosí sono cresciuta.

Faccio m'amo e non m'amo con le margherite e le attese, con i ricordi belli e quelli tristi, dolorosi. Con quello che ho perso ho fatto la pace. A quello che ho avuto ho chiesto scusa e detto grazie. A volte mi commuovo, di fronte alla vita che è sempre cosí vera, ma ormai lo sanno tutti che a volte mi scappa una lacrima e va bene così.

A volte vorrei che ci fosse sempre il lieto fine. Che le cose non dette fossero chiare. Che tutto inizia e si trasforma. D'altronde il cuore é un concentrato di eternità. Qui ci sono tutte le cose che contano, le persone importanti, è come uno specchio.

Va' a finire che mi guardo allo specchio e qui mi sorrido.



sabato 26 gennaio 2019

SOTTO IL CIELO DELLA CITY

Cosa ti lascia dentro la città? Cosa ti conquista di quella bellezza un po' scomposta, armonia di passaggi, di turni, di percorsi, di passi, anonima ospite, estimatrice di sogni, regale allettatrice? Cosa ti resta dentro? Forse la frenesia delle strade, i biglietti della metro, le luci, i colori, le corse che vanno avanti e dietro, l'anonimato della folla, sotto un cielo di stelle e anonime comete. Quanto resti te stesso in città, quanto ti perdi, quanti cieli ha la luna, quanto cielo rubano i grattacieli? 

È bella la città, è libertà, vita, gioia, modernità, progresso, è una pausa da se stessi, dalla vita di sempre, dalle paure, dalle preoccupazioni.
In città si è davvero, si è se stessi al livello superlativo, ma senza fronzoli, senza orpelli, senza riflettori, soli tra tanti, se stessi e il proprio cuore. In paese basta guardare per ritrovarsi. Un balcone, un giardino di fiori gialli, un gatto assonnato, una vecchia sull'uscio di casa. 

In città no. Le luci ti riflettono, i suoni ti rispondono. In paese il silenzio è un modo di essere, in città è una condizione dell'anima, come quando gli occhi prendono il colore del cielo a forza di guardarlo, devi sentirle certe cose, se no non funziona. 

Mi piace la città, è la potenziale alternativa alla vita di sempre, è l'alleata contro la quotidianità, è lì che ti seduce con le sue possibilità, il suo passo veloce è una corsa incontro al tempo, alla vita, al domani. 
Mi piace la sua energia, la sua confusione, la sua forza, la sua accoglienza a tratti impacciata, troppo seriosa, troppo grande, troppo chiccosa. Io sono lì, una turista per caso che si sente a casa e a volte un'estranea, è bello essere un viaggiatore, c'è tempo per vedere, per capire, per comprendere. 

Mi piace la city che ti assorbe e ti incanta, le vie dello shopping e della modernità, mi fanno sentire come una tessera in più di un mondo irreale, bellissimo. Ma poi, oltre la city, all'improvviso ci sono gli angoli che ti sorprendono. I posti silenziosi della vita di sempre, dove qualcuno va in edicola a comprare il giornale, o cammina mano nella mano con un bimbo. Si aprono oltre le porte di un autobus. Oltre i fili del tram, oltre le insegne pubblicitarie. 

Sono i posti che ricordano i film in bianco e nero. Come questi, con la loro eleganza e dignità, sanno di veritá, commuovono. Qui il sole ha il sapore della metropoli e l'autenticitá delle cose discrete, quelle che non abbagliano ma riscaldano, quelle che sanno parlare e ogni volta mi fanno pensare a te.





mercoledì 23 gennaio 2019

COME DARWIN NULLA PUÒ

Si dice che l'intelligenza sia l'abilitá di adattarsi al cambiamento. In questo senso credo che io sia la negazione vivente del principio deterministico di Darwin.

Non é che non apprezzi i cambiamenti, anzi, ci vuole un bel coraggio a lasciarsi coinvolgere dai tempi moderni, secoli e secoli di evoluzione hanno tirato fuori solo il meglio. Eppure sono un'inguaribile romantica con un cuore antico e una buona base di malinconia e catastrofismo.

A me i cambiamenti fanno paura, mi intristiscono, e per cambiamento non intendo un taglio di capelli troppo scalato o troppo corto, un viso diverso, una taglia in più.

I cambiamenti che mi fanno paura sono quelli che mi portano via le cose cui mi affeziono, quelle che amo, quelle che mi fanno sentire a casa. Un binario vuoto. Una casa chiusa, un soffio di vento. Delle foto in bianco e nero.

È come ascoltare la voce dell'anima e sentirne il lamento, il canto, il pianto, il rimpianto, e poi non basta la consapevolezza del mutar dei tempi e della sorte - non a caso Lorenzo il Magnifico cantava con squisito sapor umanistico "oh che bella giovinezza che si fugge tuttavia"- i cambiamenti mi intristiscono a prescindere, sono un qualcosa che mi restano dentro, che fanno luce sulla realtà delle cose, che dicono quello che siamo, quello che conta.

Il panta rei, il tutto che scorre, il fiume in cui non ci si bagna mai una seconda volta. C'è sempre un vuoto, nel divenire continuo. Un probabile non diventato possibile, un possibile non realizzato, un amore non dichiarato, un posto mancato, un posto del cuore, un luogo che manca, un luogo che resta. Quanti posti conoscono gli occhi senza averli davanti davvero.

Sono luoghi dell'anima, e tutto quello che non é più, è ricordo. Perciò dico che sono una malinconica romantica a tratti fantasiosa a tratti catastrofica.

Perché in tutto questo mi piace pensare che ogni tanto nel mondo che ci sfiora e che scorre all'improvviso tu ci sei e sorridi, e che per tutto quello che cambia c'é un cuore che resta, che ascolta, e che sa vivere e ritrovarsi ancora e per sempre in un abbraccio.


sabato 19 gennaio 2019

STORIA DAL MALI

Una pagella cucita in tasca, come se fosse il lasciapassare di tutti i sogni del mondo. Un confine, chiamatelo limite invalicabile, tra la vita sognata e quella che è la realtà, tra il soffio di una vita e l'ombra acuta di una morte.
Breve sogno è la vita, ancor più breve quando il sogno diventa illusione di un futuro migliore, diventa un mare da attraversare e un'onda che ti tradisce, e nessuno sa nulla di te, nessuno conosce il tuo nome, il tuo volto, la tua storia cucita addosso e stretta attorno a quei voti e segni e materie che per i ragazzi di qui sono la noia della normalitá. Non sappiamo il tuo nome, storia anonima come tante, come quelle che ci passano accanto, come quelle che ci portiamo dentro e che non vogliamo ascoltare neanche più, e dire che qui abbiamo tutto, non ci serve un'istruzione per credere in un futuro migliore, in un mondo più giusto, in un destino più onesto.
I ragazzi di qui che per divertirsi si ubriacano, che non aprono i libri, che non parlano di sentimento, che hanno l'abulia dell'emozione e del dolore, li mascherano come possono, che non credono in nulla perchè nulla sa parlar loro davvero, non sanno che ci sono verità che dicono l'umano e il sacro, il posto dove la vita non fa sconti a nessuno, dove si cresce e si muore per un sogno di dignitá, dove si è sordi perché il nostro pseudo- benessere ci ha tolto il sacro e l'umano e la voglia di credere e di fare.
Dove si resta anonimi in una folla di numeri, con una pagella cucita addosso e con l'acqua del mare, salata come le lacrime che nulla possono cancellare. Come un sogno inespresso, forse un lasciapassare per un futuro migliore, alla ricerca di un proprio posto nel mondo, dove forse l'istruzione è ancora vista come un valore, dove qualcuno, seppur con gli occhi spenti, riesce ancora a credere e a sperare. 


venerdì 18 gennaio 2019

COME DON CHISCIOTTE

Ho imparato l'amore. A piangere anche.
A vivere forse sí, forse no, forse mai.
Sono cresciuto.
Ho dato nome alla forma delle nuvole, ascoltato i passi di un gatto per la strada, sentito il rumore del vento, la malinconia di una porta chiusa.
I sentieri non muoiono con la parola "fine", hanno altre strade, nuove vie, raccontano.  Quello che raccontano lo capiscono in pochi, quelli che hanno già visto, che hanno già capito. Chi può dire quando termina la storia di una strada, di un vicolo di paese, di una casa, di un mare, di un impero.
Forse hanno silenzi per farsi ascoltare?
E che voce può mai avere un qualcosa che non interessa più a nessuno? Basta un cartello con su scritto "vendesi", con le spranghe alle finestre, con le tende alle imposte, con gli occhi spenti, e la stanchezza nel cuore? Il viaggio di ognuno è un viaggio verso se stesso.
La scrittura si sbriciola in canto, si srotola per la strada dove non passa più nessuno, e tutto quello che resta è la storia di un uomo, forse.
Ne resta traccia sull'ombra di un ricordo alla finestra, sui muri scrostati, nei vicoli dove s'intrecciano altre storie, altre vite, nelle strade dove non passa più nessuno, eppure ancora si legge un nome, appena, l'impronta di una scarpa, di un profumo.
Tutto passa, e ovunque è sempre un sogno scritto a metá.

mercoledì 16 gennaio 2019

RESTI TU

Questa vita che passa e ci lascia coi silenzi pieni di verità. Scorre via il tempo dell'incanto, dell'attitudine all'attesa, del guardare avanti mentre si assapora il ricordo. Cuore che non impari mai, cuore che non invecchi, sei un dolore che ritorna laddove custodisci il sacro e il bello, sei il tempo dell'infanzia che rivive nel fiore di ogni giorno, fiato sospeso nella luce di uno sguardo, eterna sostanza di puro amore, amore puro che vive lì dove resti tu. 

mercoledì 9 gennaio 2019

TITANIC 20 ANNI DOPO

Cosa mi ha insegnato il titanic 20 anni dopo?
Cosa si puó dire a una ragazzina che è ancora la stessa e che giá non lo è più?

Il titanic dopo 20 anni mi ha insegnato che ancora piango come la prima volta. Forse con più consapevolezza, con meno scintille sulle spalle, con meno illusioni nella testa, con meno ingenue aspettative. 

Allora, frequentavo la terza media, sapevo poco o nulla della vita (non che adesso ne sappia qualcosa di più), era un mondo fatto di cartone e fantasia, era come un sogno, il libro delle storie, dove tutto doveva ancora venire. Il titanic era un ritaglio di giornale incollato sulle ultime pagine del mio diario di scuola, a quel tempo avrò guardato quel film almeno una cinquantina di volte, era "my heart will go on", era Leonardo Di Caprio, era l'amore infinito, l' amore per sempre.

Il titanic 20 anni dopo mi ha insegnato che non sono più la stessa e allo stesso tempo lo sono ancora.
Mi ha ricordato che il tempo passa,
che la vita va avanti e si porta via una parte di noi, e non ce ne accorgiamo, mi ha ripetuto che il tempo del sogno è sempre troppo breve di fronte alla realtà delle cose.

Si dice che una donna diventi vecchia quando preferisce vestirsi per stare al caldo piuttosto che essere in tiro.
Ma non è così. Il bello di una donna è quando i suoi sogni resistono alle collisioni del tempo, e sono così grandi e veri e puliti da dare valore a tutto il resto.

Il titanic 20 anni fa mi ha insegnato che l'amore è un caso, un destino, un bacio, un incontro, uno schizzo al carboncino, un salto nel vuoto.

Il titanic 20 anni dopo mi ha ripetuto che l'amore è un dono, un volo, una danza, un canto, un incanto, è vivere con intensitá perchè vivere merita, è amare perchè l'amore è tutto e più di tutto, è andare incontro alla vita, per diventare se stessi, per salvarsi, ognuno a modo suo.

Il titanic 20 anni dopo mi ha detto che stasera sono malinconica. Che i film sono belli perchè hanno il posto eterno dei film. Ma il cuore è un'altra cosa, il cuore è davvero, per sempre.


martedì 8 gennaio 2019

I MIEI ALUNNI

I miei alunni sono autentici e sono originali. E oggi autenticità e originalitá sono dei veri e propri pregi. Insegnare in un istituto di questo tipo lo consiglio a tutti quelli che credono nella infinità varietà del tutto. 

È camaleontico, un momento prima sei la persona più positiva del mondo, il mondo è la tua patria, e il momento successivo sei come la voce di "The Ring", simpatica come i protagonisti di "Saw- l'Enigmista" o come l'incredibile Hulk sul punto di spaccare tutto. 

È catartico, quel "lasciate ogni speranza o voi ch'entrate" Dante deve averlo pensato per i docenti del ventunesimo secolo alle prese con gli studenti più vivaci di oggi, è filosofico, come dire "vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole e più non dimandare", o forse è solo un'emozione per pochi adepti, un culto misterico di devozione alla causa scuola a mo' di rito di iniziazione che si basa su una buona dose di fede e spirito di sacrificio. 

I miei alunni poi, sono un corso di aggiornamento continuo. 
Con loro le civiltá fluviali hanno avuto origine vicino ai fiumi perché lí almeno era possibile lavarsi, e gli uomini primitivi non erano molto acculturati (non fa una piega). 

Siamo stati così tanto sugli Egizi che temo Tutankamon si risvegli e mi punisca per profanazione potenziale di riti, tempi e luoghi sacri,  ma poi mi solleva un po' che anche i miei studenti scrivono con scrittura pseudo- geroglifica, e allora spero che ad Osiride (e a Indiana Jones) facciamo almeno un po' di simpatia. 

Certo è una soddisfazione sentire urlare "Sei una ziggurat!" per dire che sei un tipo tosto e saper pronunciare Nabucosodor senza comprare una vocale. Senza nulla togliere alla piramide, ovvio, che rimane sempre la preferita. Ma poi ci sono anche i fuori programma belli, quelli da ricordare.

Succede all'improvviso che all'"urlo nero"di Quasimodo qualcuno parli di sinestesia, che alla parola ossimoro qualcuno decodifichi con "ghiaccio bollente". 
Sono i momenti da top ten, da pole position, da standing ovation. È la commozione, pura e semplice, di una prof che ci crede ancora e sempre e fino alla fine e vorrebbe insegnare qualcosa. 

I miei alunni mi stupiscono, mi incuriosiscono, mi fanno arrabbiare, mi deludono, mi sorprendono, mi fanno riflettere, mi fanno crescere, mi fanno mettere in discussione, mi arricchiscono, mi fanno guardare dentro continuamente. 
A volte mi sento svuotata, vorrei fare tanto per questi ragazzi, dar loro la voglia, la forza, la fiducia per credere in se stessi e nei loro sogni, a volte è estenuante, ma resta che é comunque un lavoro bellissimo. 

E loro? 

Si preoccupano pure per me!
Tempo fa mi hanno detto. "Prof, come sta? Ci sembra un po' triste. Se è triste perché non ha un marito/ barra compagno barra fidanzato non si preoccupi! Ci pensiamo noi! Oggi pomeriggio telefoniamo a "Uomini e donne!!". 
Spirito imprenditoriale senza dubbio. 
Ogni scusa é buona per non studiare. 
Va a finire che adesso divento pure famosa.


domenica 6 gennaio 2019

BEFANA NOSTALGIA

I cieli dell'asilo erano quelli azzurri che si vedevano dalle vetrate e il mondo un giardino con le margherite e casette di plastica. Non lo sapevi allora che la vita era cosí grande e vera da non poterla chiudere dietro quella porta di plastica e dietro le mani di mamma e papá che ti accompagnavano a diventare grande.
"Volevo dire- scriveva Luiss Carroll- che uno non può fare a meno di crescere". Certo, Alice nella casa del Bianconiglio aveva mangiato un pezzo di fungo ed era diventata cosí grande da non entrarci piú, ma anche senza fungo ad un certo punto arriva per tutti il momento in cui ti trovi spaesato nella casa dei giochi, fuori misura, ed è come aprire gli occhi o asciugarsi una lacrimuccia e capire di non essere piú nel Paese delle Meraviglie. Effettivamente, a poco a poco scompaiono un po' tutte le cose.
Te ne accorgi guardando indietro, a ritroso, togliendo un colore, un sapore, cercandolo per le strade, pregando per ritrovarlo, lasciando un bianco e nero che racconta un tempo che non è più. 
É geniale Mary Poppins quando salta nei disegni e questi prendono vita, sono il posto dei sogni, della fantasia, della magia che dura fino a quando poi non arriva un temporale, e poi tocca andare via, ricominciare. 
È bella la scrittura, scrivere per me é una compensazione, la mia ricompensa per le cose che ho perso, per quelle che non ho capito, per quelle che mi hanno fatto soffrire. Ho smesso forse di sentirmi sbagliata in questo mondo di cui non capisco i confini, forse ancora un po' 
a volte é così, in realtá ancora non capisco il perché delle cose e delle lacrime, del tempo che passa e di quello che toglie e che lascia. 
A volte penso che ognuno abbia un filo a tenere con sé i momenti belli, gli affetti, le cose importanti...chissá il mio dove porterá, se c'é davvero, se é quello che mi sono legata al cuore e non si può vedere... Passiamo una vita ad imparare a mettere corazze e scudi e sistemi di allarme al nostro cuore per non farci ferire dalle cose e poi succede che alla fine tutto questo sistema di difesa perfezionato nel tempo non serve a nulla. Forse perché il cuore batte solo per ció che é importante. 
Quando amiamo.
E allora cresciamo un altro po'. 

venerdì 4 gennaio 2019

CINQUE DESIDERI SOTTO LA NEVE

Tetti bianchi, le strade gelate, e ancora nuvole piene di grigio, sfumature di pensieri. La neve delle ninnenanne è morbida come i sogni delle sere d'inverno, li puoi sentire prendere forma attorno al calore dei gesti che danno conforto, attorno al silenzio, alla lentezza. 

Tutto cambia quando c'é la neve, cambia il senso di un respiro, il tocco del freddo, un battito piú veloce del cuore. 
Cambiano le cose lontane, e quelle vicine che si sentono di più, cambiano i confini, e persino i pensieri non sono poi tanto male, se si hanno un tetto sopra la testa, e delle mani da stringere e accarezzare. 
Le strade invece, diventano senso e sembiante di quello che sono. 

Luoghi del nuovo e del diverso, sono i posti dell'insidia e della difficoltà, le barriere della imprevista alterità, l'altrove cosmico di nuove colonne d'Ercole, dove devi imparare a camminare passi profondi e spessi, o accettare di doverti fermare. 
La neve é il tempo delle pause del viaggiatore, dei silenzi corali, dello stupore dei bambini, delle preghiere degli anziani, dei poeti, dei sognatori di oggi e di ieri, del viaggio di ognuno attorno a se stesso, delle parole sul vapore di un vetro, sulla pagina di un libro, nel tepore di una mano. 

La neve dei bambini non è quella degli adulti. È bianco panna, pezzi di nuvole, caduta di stelle, bianco cotone, filo di ovatta, fiocchi di latte, pappa di riso, bianco sorriso, manto gentile che ricopre le cose di oggi e di ieri, e i pensieri, forse. 
Allora respiro, sospiro, sentimento, candore, calore.
Nel freddo delle strade in cui mi arriva il tuo nome, cinque desideri sotto la neve. 



Immagine: "La prima neve", Bomi Park