mercoledì 26 agosto 2020

Siamo d'amore

Le ultime volte, non le sai mai, non ti danno un preavviso, un nome, un richiamo, una voce cui aggrapparti, semplicemente se ne vanno, vanno via, finiscono. Si accorciano le giornate, in questa fine d'estate che tra un po' è autunno e neanche me ne sono accorta, dove sono andati questi giorni, come sono trascorsi questi giorni lontano dal mare, lontano dal sole, dalle pause lunghe a perdita di tempo, a perdita d'occhio, perchè il mare è infinito, perchè il mare è una lunga distesa di cielo e di blu, è fatto di pensieri, sguardi, profondi, immensi, perchè il mare è come l'anima, è uno specchio, e a guardarlo si vede quello che si ama, che si è, che si è amato, che si è stato. E così portiamo dentro pezzi di cielo e di mare, e parole non dette, non scritte, vuoti, e a guardarsi si vede che siamo fatti d'amore.

lunedì 17 agosto 2020

QUELLO CHE RESTA

Ogni giorno perdo qualcosa, qualcosa cambia, ogni giorno qualcosa passa, svanisce, finisce. E si svuotano le lavatrici, termina il rumore delle colazioni, scorrono via i passi più leggeri, le ombre che si allungano sulla spiaggia, le impronte che lasciano un segno, lì dove il mare è tempo che passa, e subito scompare. Ogni giorno lavo via l'inchiostro della penna a sfera che comprai bambina: sulle mani sporche di sogni e ricordi, sbiadiscono le macchie sui quadernoni a righe, sulle regole di matematica, sulle formule da imparare a memoria, e poi, a poco a poco, sbiadiscono pure quelle, come la foto di una polaroid, il raggio di un sole già svanito. Quale sole avevamo quel giorno, quanti giorni giovani, quanti soli inconsapevoli, spensierati. Veloci, forse. E sbiadiscono le pieghe dei calendari, i segni vicino alla porta per vedere se si è diventati alti un po' di più, le torte di compleanno, e i bagni al mare interminabili, che ti dovevano chiamare da fuori, per uscire, e non lo si sapeva, ma era bello.
Dove sarà finito quel mare, quella spiaggia. È sbiadito quell'orizzonte nell'istante di un volo?
 L'amore no, invece non sbiadisce. L'amore non passa, si moltiplica, ingigantisce, è inversamente proporzionale al tempo, è un numero che non conosce cifre, è un poema in versi, in rima baciata, alternata, in rima di baci, di voli, di suoni, in qualsiasi istante, vicino, lontano, adesso e per sempre, in qualsiasi istante è un avverbio di modo, di tempo, di luogo, in qualsiasi instante è un amare un po' di più. Non è una regola matematica, non si mette tra parentesi, al massimo si moltiplica all'infinito, e il risultato non è la somma, non è la divisione, ma il resto di un'addizione che vince il tempo e i passi sbiaditi, che vince il tempo e la sorte. L'amore è il resto. L'amore è tutto quello che resta, quando il resto svanisce. 

mercoledì 5 agosto 2020

LETTERA AL VENTO

Cos'è questa malinconia che sento in un film in bianco e nero, nelle case abbandonate, nei vicoli dismessi dove sbiadiscono vecchi manifesti, e i fiori alle finestre sono timidi, e si consumano al vento le finestre. 

Cos'è questa malinconia che mi spinge a stringere la sabbia nelle tasche, il tepore della spiaggia sul finire del giorno, un mare che si svuota e torna il silenzio, ecco un pescatore, solo e lontano, nel suo sapore di tramonto e di sale. 

Cos'è questa malinconia che sento nascosta in un libro su una bancarella di antiquariato, in un treno alla stazione, nei passi indietro della memoria, del tempo, dei ricordi, dei giorni, dei libri preziosi, dei poeti, dei sogni. 

La malinconia della tv quando danno vecchie pubblicità, quando guardo vecchie foto, gli sguardi che non si sapeva quello che era, gli sguardi ingenui, felici, insicuri, ignari, gli sguardi pieni, coraggiosi, giovani, gli sguardi quando c'era tutto e non si sapeva. 

Cos'è questa cosa che senti e che sento, che ci fa guardare davvero, che ci fa capire, vedere, riconoscere, apprezzare, perdonare, mettere via, ritrovare. 

Questa cosa che fa sentire vuoto e presenza, assenza e certezza, conforto e tristezza. È un dato immutato, un segno mai spezzato, una lettera al vento, una lettera muta d'amore.  Come scrive Carter: "Vorrebbe dire qualcosa, ma non ci riesce. È lontano milioni di miglia. Siamo entrambi lontani da qui eppure c’è qualcuno che piange. Già allora cominciavo a capire com’è possibile stare in un posto. Ma anche in un altro".

AGOSTO (ESTATE)

I messaggi in bottiglia, sul fondo del mare, i tuffi per trovare un segno, il testo perduto, la perla nella conchiglia, la perla del mare e delle sue promesse.
La perla che viene da lontano, protetta dal guscio, dal mare di Mompracen, il mare dei tropici, delle isole e dei coralli, il mare dei poeti e dei marinai, il mare della luna nelle notti d'estate, lontano da tutto, dalle stelle, che fanno capolino in un riflesso di luce, dalle stelle che illuminano un viaggio, lontano. 

Ondeggiano al vento gli ombrelloni nella danza dei colori e dei giorni, e sono come i gabbiani sugli scogli, si contendono il loro stesso volo, e finiscono nelle mani di un bambino, che stringono bolle di sapone, e aquiloni. Sul bagnasciuga restano dimenticati i segni dei giochi, restano fino a quando qualcuno non li guarderà con gli occhi di ieri, e vedrà un castello, una fortezza, una nave, un pirata, un gioco del tempo. La salsedine imprime un sapore di antico. È il sapore della spensieratezza, quando è bastato un attimo, e le bolle di sapone sono volate via, quando si è diventati grandi all'improvviso.


PAROLE PER FARLE TORNARE

Si aspettavano le tre ore, prima di fare il bagno. Il tempo era lento, lunghissimo, interminabile per chi voleva entrare in acqua, al mare da bambini la digestione era un passaporto per fare sul serio, un visto da firmare, un protocollo da seguire ereditato dai genitori, sussurrato di voce in voce, detto dai più grandi ai più piccoli, il segreto della spensieratezza, del bagno perfetto.

Ma poi quel tempo è passato, forse troppo presto, troppo in silenzio, troppo veloce, troppo breve, e in quel mare ci siamo lavati i pensieri, ci siamo lavati la pelle, i sogni, i giorni che erano, quello che eravamo, che siamo. Abbiamo lavato i giorni dei tuffi per i gironi dei grandi, e non lo sapevamo, che ogni mare dà la vita ma ci toglie anche un po' qualcosa, e questa vita è un qualcosa che cambia continuamente. 

E così abbiamo lavato le parole di ieri, le risate, le storie, le fate, le frasi che in acqua escono così bene, e che galleggiano nella incoscienza di una muta giovinezza, le frasi sporche di sale, dal sapore di salsedine, le frasi che restano al mare, e che nessuno è lì per ascoltare, per conservare. 

Ci siamo presi il posto in prima fila, all'ombra mutevole di un pomeriggio più lungo, al sapore del fato, del fiato, della sabbia legata ad altra sabbia, dei granelli piccoli e tutti da soli, slegati, imperfetti, imprecisi, dalle forme mutevoli, cangianti, preziose, informi, difformi, e dire che tutto ci sembrava immutato, e dire che tutto ci sembrava perfetto. Abbiamo sciolto i capelli dal sapore di sale, dalla salsedine di uno scoglio, nel volo di un gabbiano, di un granchio, di un guscio, ma le conchiglie non hanno la voce del mare, dopo un po' resta il senso dell'assenza, il dolore del mare. 

E così sono finite le stelle marine, le pietre, le dune di sabbia, le alghe, i pezzi di vetro, i pezzi di Omero, del tempo, di ieri, di oggi, di noi, di voi. Si sono sciolti i capelli, slegati dai tuoi, dal mare, dal tempo. Si sono perse le filastrocche inventate, le parole crociate, le parole di sabbia, le parole del vento, le parole del mare, e non lo sapevo allora, ma queste parole sono le mie, queste parole sono le tue, queste parole sono per farle tornare.