sabato 29 dicembre 2018

CAPODANNO SENZA DANNO

Capodanno con il botto, Capodanno senza l'otto, Capodanno piú che dotto, Capodanno meglio ghiotto. Sta per finire un altro anno, un anno in più sulle spalle, un anno per tirare le somme, un anno per azzerare le attese, per fare un bilancio, un piano da realizzare, un piano da ribaltare, che la vita poi, non la capisci mai fino in fondo.

Capodanno senza danno, Capodanno come un canto, Capodanno con il giallo, come i mattoncini del lego, la formula di un incantesimo, tutto quello che serve per costruire, come il colore del sole. 
Capodanno nostalgia. Capodanno allegria.  Capodanno vestaglia, pigiama, vestito da sera, vestito da viaggio. Capodanno trucco e parrucco, Capodanno di trenini, e "YMCA" e trallallà.

Capodanno malinconia. Sapore di antico, vecchia poesia che si ripete, anno che finisce, tempo che parla e racconta.
Ho passato incroci di sguardi, e giorni lunghi come luci improvvise di cartoni animati, momenti indelebili troppo veri per rendermene conto, e momenti di ordinaria quotidianità, che poi sono quelli che contano davvero, quelli che danno senso al tempo, e si ricordano.

Ricordo tutto. 
Perfino le volte che senza conoscerci ci siamo sfiorati senza incontrarci. Il  motivo di una canzone. Addirittura il paradigma di fero- fers- tuli- latum-ferre. Le volte in cui mi sono chiesta se mai mi hai pensato un pochino anche tu.
Ripenso a quest'anno passato e non posso che ringraziare chi mi è stato vicino. Perdonarmi gli errori che ho fatto, tutte le volte che non ho capito, le insicurezze, le paure della ragazzina che ero. 
Augurarmi di migliorarmi.
Di stringere forte quello che conta.

E allora Capodanno senza danno mi suona come manifesto programmatico. 
Locandina di un film ripetitivo e un po' monotono, testo di una canzone da riascoltare per capire bene il sapore dei baci e delle lacrime, degli abbracci e dei per sempre, delle attese e delle cose accantonate, lí dove il cuore, per il resto, conserva tutto.



Immagine: Jorge Lujan e Pietr Gobler, Oh i colori!

giovedì 27 dicembre 2018

DENTRO AL CUORE

Prima sono andati via i quaderni a quadretti grandi, poi le penne cancellabili, poi i libri di scuola, gli zaini, poi le penne colorate e le matite. Sono arrivati i giorni pieni di illusioni e le attese piene di giorni, i suoni delle declinazioni, i tempi delle coniugazioni, i paradigmi quasi fossero indizi di vita e veritá, segnali di fumo dal passato, segreti di sicurezza. Poi se ne sono andati i capelli corti e le code con l'elastico, il tempo dei giochi e le merende, e sono andati via un po' tutti,  forse sei andata via un po' anche tu, perché ognuno aveva il suo posto e il suo tempo scritto sul fiato di un vetro, o sul ricordo di un braccio, un sorriso impresso sulla pelle. Sono andate vie le fotografie della polaroid e quelle del cellulare, le notti di Natale, le ninnenanne davanti alle finestre, i giorni dei sogni, quelli dei disamori, quelli del pianto, del disincanto. Non mi piace la parola fine. Sa di passato, di dimenticato, di interrotto, di tristezza. 
Eppure si cresce ed ogni giorno è un cambiamento.
Lo si impara da subito che l'altra faccia dell'amore è il dolore, ma senza l'amore non saremmo vivi.
E allora crescere non é altro che imparare a riconoscere l'amore. Quello dei primi passi per casa, delle ninnenanne, dei sorrisi della nonna. Quello dei grandi, che non è molto diverso da quello dei piccoli, se non per una maggiore consapevolezza, e per gli occhi piú lucidi. Passano molte cose, ma quelle che restano le trovi tutte qui, strette strette dentro al cuore.


sabato 22 dicembre 2018

LA CAMPANA DELLA SERA

Suona la campana della sera, anche se tra poco è Natale, torna l'ora di chi non cresce, di chi è invecchiato.
Torna come sempre, ogni giorno allo stesso battito, e racconta un suono che non cambia, mentre cambiano i contorni del paese, i colori del tempo, che col finire del giorno lasciano i muri tiepidi e disabitati. Suona con il suo misto di storia e nostalgia, con i passi di chi ha imparato a camminare, e con l'ombra dei giochi nei sogni di chi non gioca più, con i panni stesi ad asciugare e le voci di quartiere che svaniscono; è la vita di paese che finisce e ricomincia, con le luci delle macchine e le imposte alle finestre, con i cartelli "vendesi" e nuove porte, uno strano antico sapore di quello che è stato. Nostalgia.
Suona la campana della sera, sotto Natale.
È il tempo che ritorna, il tempo di chi é cresciuto. Di chi si guarda attorno, e per un po', non ha paura di ritornare.