domenica 28 maggio 2017

SERA

Ascolto Your Eyes e intanto la luce sul muro sbiadisce un po' di più, e si creano curiosi chiaroscuri e ombre.
C'é il silenzio ovattato di chi aspetta di crescere e non sa, intanto che il tempo intorno passa lo stesso, e le ombre sul muro scompaiono, così come i rumori lì fuori, e tutto é spazio e tutto é silenzio.
Qui tra gli spazi avvezzi di una protetta consuetudine, consumo parole non dette, frasi mai sussurrate, mentre fuori la sera scende un po' di più, e forse é vano parlare in questa poesia, quando il cielo é un miscuglio e non lo sa, quando tutto é un attimo, e ovunque vi é il sapore delle nuvole.
E io ti scriverei, ti parlerei più forte per tutte le volte che lo faccio per me, ti stringerei la mano e forse un po' i sogni, e allora sarebbe bello vivere di quella dolcezza che é tutto e fa paura, perché non posso non sentirti, nella vita che c'é e che va, nel giorno e la notte, e ovunque c'é il mare.
Scrivo perché la luce fuori é scomparsa del tutto. La canzone é terminata, come la mia età del resto, che mi ricorda un anno in piú e nuovi cieli e parvenze.
Eppure se ancora disegno cuori sul vapore della doccia e sul soffitto invento lettere d'amore e gentili silenzi, io che ti scriverei mille volte per poi non dire nulla, e che ti bacerei ogni volta che mi scopro a sorridere un po' di piú, non sono forse io quella di sempre?
Io che scrivo fiabe all'imbrunire, mentre il giorno é sospeso a metá, tra sogni e realtà, tra sprazzi di luce e stelle ognuna con la sua verità...

sabato 20 maggio 2017

MITI

E c'erano i Backstreet boys, e le Spice Girls.
Pippo Inzaghi indossava la maglia della Juve e Pagliuca era il portiere dell'Inter, laddove l'estate non poteva esserci senza festivalbar e per i testi delle ultime uscite c'era in edicola tvsorrisi e canzoni.
C'erano le repliche di Beverly Hills e di Primi baci,
i cartoni animati che non finivano mai ed i Ragazzi italiani, e noi cresciuti a walkman e telecomando, stretti dietro un chupachups o un crystal ball,
che in quella tv analogica di ormai 20 anni fa abbiamo cercato sogni e colori, lanciato mode e canzoni, imparato etá e colonne sonore, pubblicità senza tempo che pure ci appartenevano e sapevano ognuna un poco di noi.
Abbiamo imparato che al titolo Beverly Hills seguiva il numero 90210, che a Pantani stava meglio il rosa e non il rosso, che il rosso era il colore di Schumacher, 
e che al plurale sfrecciava ancora meglio, sulla moto di Valentino in bilico tra volo e passione lì un circuito dopo l'altro.
Abbiamo avuto l'età dei miti, delle canzoni d'estate, dei telefilm, del calcio, delle assurdità senza senso, del tempo che passa e sembra non sia vero, del gelato dell'Algida e dei Giochi senza frontiere, li abbiamo visti passare, restare, andar via, tornare, cambiare anche, ma forse perché alla fine a cambiare davvero eravamo noi, noi che su quelle immagini scandite da un tempo condiviso e inclemente ci siamo cresciuti, immaginando un mondo bello e perfetto, con i nostri eroi scelti per caso, con i nostri "must have" e primi inizi, con i nostri punti di riferimento che parlavano di un'età che era solo nostra, e le davano nome, come le annate delle figurine ad ogni nuovo album da incollare con cura.
Ma la vita si sa, é un'altra cosa.
E pian piano ci siamo resi conto che crescere é diventare grandi con la coscienza reale della nostra umanità, che gli eroi di un tempo non esistono più e anzi diventano umani anche loro, che le immagini di un campione di moto gp non sono solo quelle di un mito, o di una leggenda, e che dietro il casco e la vetrina di facciata c'é molto di piú, c'é molto di diverso.
La storia del pilota Hayden, da giorni ricoverato in condizioni gravissime a seguito di un incidente in bici, ricorda molto quella del campione di formula 1 Schumacher, vittima di una caduta dagli sci nel 2013 e ancora oggi in situazioni gravi. Sono storie che richiamano le vecchie immagini di una folla euforica e in festa, l'adrenalina della partenza, e quasi sembra di sentire lo stridìo dei pneumatici sulla pista ruvida, l'ebbrezza della platea, i secondi del pit stop o gli attimi ultimi del giro finale... Sono immagini ovattate, protette, di un qualcosa di eccezionale, unico, irripetibile.
Ma la realtà ci insegna che la vita é vita, ed é vita per tutti.
Fa male pensare che atleti che sfidano il pericolo ad ogni gara e che grandeggiano in pista catturando velocità come lampi di luce si siano ritrovati a guardare la morte in faccia per incidenti apparententemente banali.
Le immagini dalla tivú sono quelle rassicuranti di una realtá in cui rispecchiarsi come luogo dell'eccezione e del bello. Ma dietro i miti ci sono gli uomini, e gli uomini sono sempre troppo umani, per vivere in un ideale che il più delle volte non é possibile.

domenica 7 maggio 2017

LUCE

Non contano le parole,
non mi bastano.
Beffarde alla luna
le scritte sui muri
promettono assolute eternitá.
Qui dove ha sede il mio cuore
ed é silenzio
l'infinito esplode
in fasci di luce.
Stringo tra le mani 
la mia tenerezza
e ritrovo
ancora una parte di me.

PICCOLI INCANTI E PREZIOSE FELICITÀ

Mai legarsi troppo alle cose, imparare ad apprezzare i momenti per quello che sono, senza viverli come l'apoteosi della felicitá, senza viverli come la magia che avviene dritta ed in picchiata per una volta nella tua vita, senza viverli come l'eccezionalitá che si fa eccezione, roba che quando succedono momenti stile effetti speciali sei così emozionata da fare l'ebete e non riuscire a spiaccicare una parola intelligente, o (e questa é peggio), sai solo parlare a vanvera dei più svariati argomenti.
Me lo ripeto ogni volta ed alla fine ci ricasco.
Era così che mi sentivo, quando capitava di incontrarti e il cuore mi batteva a mille e forse anche oltre.
É così per ogni momento importante, per ogni ricordo prezioso, per ogni piccolo grande istante in cui sai e senti di provare qualcosa, qualcosa che s'impone e resiste, qualcosa che nonostante tutto sono io, perché alla fine non posso cambiare quella che sono, perché non posso essere altro che così, con il mio cuore in gola per una parola gentile,  con il mio batticuore per un'attenzione sincera, con il mio idillio fatto di istanti e piccole complicità, io nel mio incantesimo di piccoli incanti e preziose felicitá, di delusioni e antiche speranze, di aspettative che non pretendo e idealitá, che pure sono tanti minuscoli tasselli di un puzzle che non so descrivere, né capire.
E allora cercherei un tuo abbraccio ogni volta che vorrei dirti "ti penso", sfiorerei la tua mano in ogni quotidiana parvenza, e ti bacerei ogni volta che ti sento un po' di piú, per dirti che sei tutto e oltre, che sei in ogni pensiero o posto bellissimo, che sei come quello che sento e non so dire, ma che ci sei, come i sogni che vivono di se stessi, e sono calore.
Forse perché in un'ora accadono tante piccole vite che neanche ci rendiamo conto. E in quei sessanta minuti siamo vivi, respiriamo, chiudiamo gli occhi, parliamo, ci innamoriamo, ci perdiamo, ci rinnamoriamo ancora, di un pensiero, di un nome, di un fiore, di una voce, in un minuto ci passano dentro vite nuove e che avevamo dimenticato, dolori, emozioni che non sapevamo e che ci cambiano, per portarci ancora una volta noi.

venerdì 5 maggio 2017

E POI

Mi guardi
ti guardo
sorridi
ti sorrido
mi piace
che
nonostante tutto
le parole
sono
sempre...
un cuore impacciato

giovedì 4 maggio 2017

MI PIACE

E così sono sempre io,
quella che un altro anno é passato,
quella che ha capito che la vita é una sorpresa,
che non é mai come ci si aspetta,
ma che nonostante tutto puó essere a modo suo, bellissima.
Quella che ha capito che la veritá ti viene addosso
con tutta la sua forza e ti sconvolge,
ma nelle emozioni e groppi in gola
ti conferma ancora una volta te stessa,
ed é bello essere se stessi in un mondo
che non sa piú dire mi piaci ma "mi piace",
un mondo che non sa ascoltare né vuole vedere, un mondo che ha imparato che gli occhi non sono lo specchio di un'anima ma un modo come un altro per riempire una faccia con colori e mascara.
E così sono io.
Quella che scrive e tutto torna normale,
quella che sente e tutto diventa vivo, reale,
quella che vorrebbe una fiaba, ma sa che le fiabe nella vita sono difficili a venire, che ci spera e nonostante tutto ha paura, perché a sognarle troppo le cose non accadono mai, e se accadono...beh chissà.
Sono quella che mette mi piace alla vita e alla sua poesia.
Quella poesia che ti coglie ogni giorno,
in un quaderno nuovo o un buongiorno inaspettato, in un caffé troppo corto o un incontro tra tanti, per caso, che neanche ti aspetti.
Quella poesia che é la purezza della vita, che é rispetto e amore di sé, di tutto quello che è altro da te, che ti completa, che ti arricchisce, e ti migliora, rende felice.
E allora:
mi piace il sole
mi piace il profumo del mare
mi piace il rumore della pioggia
mi piace se mi guardi e mi emoziono
mi piace se alla fine mi affeziono
mi piace il messaggio la mattina
mi piace il sapore delle mandorle
mi piace il colore delle fragole
mi piace il bianco delle nuvole
mi piace il sorriso 
di un pensiero
l'intenso del cielo...
mi piace
gli abbracci
i baci sul naso
gli sguardi
i baci
i baci quelli veri
i sorrisi
i pianti che ti sfoghi e non piú
le canzoni
i panni al sole
quando ti chiaman per nome
il suono della campanella
le telefonate
i fogli da disegno
le pagine nuove
le pagine da scrivere
e raccontare
i ricordi
gli incontri
i sogni
i nuovi giorni
i respiri
i sospiri
le mani
i colori...

lunedì 1 maggio 2017

PRIMO MAGGIO

"Nessun lavoro é vergogna, poltrire é vergogna" scrive Esiodo ne "Le Opere e i Giorni".
Con una concezione che ribalta quella tradizionale per cui l'uomo greco per eccellenza é quello "kalos kai agathos"(bello e buono di fama e di valore), il quale si sottrae al giogo dell'età del ferro (età che registra l'introduzione del lavoro, per gli uomini, degradazione seriore all'età dell'oro, l'età degli dei) Esiodo definisce il valore del lavoro fine a se stesso, non solo mezzo di arricchimento e di miglioramento di vita, ma anche e soprattutto contrassegno evidente di elevazione spirituale ed esistenziale. La dignità del lavoro come simbolo di ordine, perfezione, serietá, armonia, ricorre nelle Georgiche di Virgilio, in particolare nel passo dedicato alle api, con un'immagine mutuata da quella ciceroniana presente nel "De re publica", laddove l'immagine delle api (res publica) ricalca quella della moltitudine del popolo (res populi),  con chiara valenza paradigmatica dell'operosità come presupposto imprescindibile della sana collettività , di una "Res Publica" che coopera in vista di un bene e uno scopo comune. Scrive infatti Virgilio (libro IV, Egl.) in riferimento alla città delle api: solo loro "vivono seguendo leggi rigorose, solo loro riconoscono sempre la patria, il focolare, e sapendo che tornerà l'inverno in estate si sottopongono a fatica per riporre in comune ciò che si procurano" (magnisque agitant sub legibus aevum, | et patriam solae et certos novere penates,| venturaeque hiemis memores aestate laborem |experiuntur et in medium quaesita reponunt vv.155-158).  
Se il clima é quello, squisito, del classicismo e mecenatismo augusteo, l'immagine delle api é quella di una società unita, fedele a se stessa e alle leggi, che ha casa, figli, obiettivi e che, in virtù del lavoro e grazie al proprio lavoro, coopera dignitosamente in vista del bene comune.
Come dire: "l'Italia é una Repubblica democratica fondata sul lavoro". 
Il lavoro rende liberi, completi, dà dignità e possibilità di arricchimento personale, esistenziale, culturale.