domenica 21 luglio 2019

I PASSI DEL MONDO

E conto i passi in avanti e quelli all'indietro, i passi lenti e quelli di fretta, i passi alla stazione, che si incrociano a vite e promesse, a fantasie e partenze, a saluti sorridenti e a quelli che fanno piangere. 
E conto i passi timorosi e quelli sicuri, quelli incerti e quelli veloci, quelli che incrocio alla metro mentre fuori il mondo continua, quelli che sanno di destinazioni, di sogni e rumori, fuori piove, fuori c'è il sole. 
E conto i passi adulti e quelli carponi, i visi sicuri, i sorrisi un po' seri, gli sguardi già veri. I passi che faccio e rifaccio, il tempo che scorre, è sempre la strada a raccontare, a dire, a non dimenticare. 
Non dimentica un giorno che passa, i raggi di sole, l'incrocio di un attimo, una parola d'amore. Non dimentica i percorsi felici, e quelli un po' meno, vanno i passanti, qui, vecchi e nuovi.
Non dimentica questo cielo felice, Milano che vive, Milano sorride. Incrocio i passanti, non dimentico niente, alla stazione i passi del mondo, i sentimenti, i baci più veri, i per sempre. 


giovedì 18 luglio 2019

CIELO DI LUGLIO

Cielo di luglio, sempre nuovo, sempre lo stesso. Cambiamo noi, conserviamo tutto. Sono i ricordi. Quel giorno, lontano. Lo stesso cielo, forse un po' più giovane, più leggero, più azzurro. Le stesse nuvole, passi per strada, macchine. Chissà se allora in quel momento due stelle stavano esplodendo, se in cielo aeroplani di carta erano la scia in volo di una lettera d'amore, se le galassie inventavano nuove stelle, o forse no si allontanavano, e l'universo era uno specchio degli occhi, dei cieli, dei sogni. 
Cielo di luglio. Da qualche parte esplodono le stelle, qui tutto passa, tutto resta, e amore ha nome.



lunedì 15 luglio 2019

POESIA

Sei di tutte le tristezze, parola indicibile
che mi resta fredda nel cuore,
ma cosa posso dirti amore per spiegare
il pianto degli occhi che scioglie
nell'abbraccio ogni dolore,
e che negli sguardi rivive l'anima
di vivo rossore, di muta intensità.
Io non so cosa sia questa malinconia
che amore a grazia m'incanta.

domenica 14 luglio 2019

TESTA O CROCE

E faccio testa o croce con i giorni tristi e quelli felici, con i perchè pieni di verità e quelli a cui, no, non vorrei credere. Con i ricordi e la fantasia, con il malumore quando non vuole andare via.

E faccio testa o croce con il destino, i suoi scherzi, i suoi istanti rubati, le sue tappe, i suoi versi passati. Mi guardo allo specchio, non capisco chi sono, dove è finita quell'età, sparita in un volo.

Erano gli anni del cielo a colori, sulle spalle non libri ma soli, erano gli anni in cui c'erano tutti, e non lo sapevi che era bello esser buffi.
Qualcosa è cambiato, altro è passato, qualcuno è arrivato, qualcosa è restato, nel cuore un istante è incastrato, la verità è che il tempo è reato. 

È amore il tempo quando ovunque è vita,
è amaro il silenzio, quando tutto è in salita.
Mi guardo allo specchio e mi vedo più forte,
vorrei dire tante cose, alla ragazza di allora,
ma poi le lascerei un fiore, un sorriso più dolce.

E faccio testa e faccio croce con i momenti sì e quelli un po' meno, con i passi sbagliati, il cuore spezzato, con il cuore aggiustato, il sorriso incollato.
Lo attacco alla vita per darle coraggio, lo spiego in un verso, ma lo trovo un po' saggio,lo incontro per strada negli sguardi rubati, negli occhi che parlano, e che dicono incanto, sono un po' i miei, dei bambini e dei grandi.

Mi chiedo tra una ruga e un sorriso il senso di un giorno, il senso del cielo per una stella al tramonto.
Il perchè si soffre, il perchè si ama, il perchè dei perchè, quando tutto quello che resta lo porto con me.

E faccio testa o croce con i momenti giusti e quelli sbagliati, con quelli preziosi e quelli sprecati. Chissà se poi sono sprecati davvero, se tutto serve, è un mistero.
Io non lo so, e sono ancora la stessa di un tempo, quella che soffiava lì in alto, una moneta, un momento.
La vedevo girare, come danzare, me la immaginavo felice, la volevo imitare.
Tutte le cose felici volano un po'.

Volano i petali dei fiori, le foglie degli alberi, le bolle di sapone, i baci alla stazione, le preghiere delle madri, i silenzi dei padri.
Anche il cuore a volte vola via, a volte si perde, altre no, ricomincia, va a spasso. Piange un po', si aggiusta, ha la sua memoria. Resta, solo quando batte davvero. Ed è allora che sa volare.

IL MIO CANTO PER TE

Il mio canto per te ha il sapore del sole dopo la pioggia, è il tepore dell'inverno, il sale del mare sulla pelle, un aeroplano in volo nel cielo di luglio, la scia di una stella, una sera d'estate.

Il mio canto per te è come un vecchio libro di poesie su una bancarella di antiquariato, non ama i grandi spazi, i grandi rumori. È il riflesso dello specchio che mi fa un po' più grande, è il sorriso di tenerezza che mi vede bambina, il fuoco dei tramonti quando piange la sera.

Il mio canto per te ha l'intimità delle strade di paese, i vicoli dove corrono i bambini, dove sonnecchiano i vecchi, dove fanno ombra i panni stesi al sole. Non è un canto da metropoli, da pianobar, è nascosto tra le cose piccole e preziose, quelle che si legano al dito, che si stringono forte.

Il mio canto per te è un acquazzone, un bacio come pioggia dopo tanto sole, un aquilone appeso alla luna, un disegno a carboncino sull'asfalto, un sogno a testa in giù, con il cuore in alto.

Il mio canto per te è un piatto caldo, un paio di calzini, un abbraccio sospeso, una fuga dal tempo. È Psiche che incontra Amore, Euridice che dimentica il suo dolore, la parola che fiorisce sul ramo della vita, il tuo cuore, il mio amore, dove tutto ha senso per chi sa ascoltare.

mercoledì 3 luglio 2019

FRANCO ARMINIO, CRONACHE DI UNA SERATA

La poesia e la coralità, i canti della tradizione locale, i versi tradotti in dialetto, il sentimento e la riflessione. 
Si definisce "paesologo" Franco Arminio, poeta e scrittore, autore di raccolte fortunate come Resteranno i canti (Bompiani, 2014) e Cedi la strada agli alberi (Chiarelettere, 2017), protagonista domenica 30 giugno del Reading di poesie del Centro culturale Aldo Moro di San Salvo. 

Un viaggio nel tempo e nella geografia dei paesi d'Italia, con la storia dell'emigrazione e delle piccole realtà quotidiane delle nostre regioni, un viaggio nella poesia, nella vita e perche no, nella morte,  perchè "se oggi muore anche la morte, davvero non abbiamo più nulla". Non interessano le grandi realtà ad Arminio, ma le piccole storie di ogni giorno e di ogni luogo, "quelle che richiedono la pura generosità dell'attenzione". 

Le verità di ogni giorno, le piccole realtà quotidiane, le passeggiate nei dintorni, il piacere di fare compagnia ai luoghi, di avere cura e dare attenzione agli alberi, agli anziani, alle poiane, perfino ad una foglia che cade. L'invito è a osservare, prima che le cose cambino, o finiscano, ma una osservazione viva, attiva, propositiva, un guardare con amore, senza denigrare, senza bloccare i sogni propri e quelli altrui come il "sobillatore del bar", che parla male di tutto ed è il primo a volere il male dei paesi.

Per Arminio parlare con un anziano "è un progetto di sviluppo locale", avere spazio per la gioia significa non trascurarla, "perchè non è da vivi camminare per strada  senza la passione del guardare". E così c'è spazio per i sogni di ognuno, "perchè i sogni non prendono spazio ma lo danno", e per la riflessione, quella attorno ad una tavola natalizia e attorno ad un campo di calcio, per una passeggiata con i morti: 
"Al mio paese, accanto al cimitero, / c’è il vecchio campo di calcio. / Oggi mentre camminavo ho pensato / che potevo prendere un morto alla volta / e fargli fare un giro di campo. / Ho cominciato con mia madre: le piaceva stare al sole, mi ha chiesto / di avere un coltello / per raccogliere un poco di verdura".

Intervallata dai canti popolari della tradizione abruzzese, che Arminio non ha esitato ad affidare alle voci del pubblico presente in sala, la coralità della poesia ha ripercorso le parole di un tempo, per farsi ricordo negli oggetti dismessi delle vecchie case, e racconto, nelle storie dell'emigrazione: 
"nel 1901 michele fede partì per gli stati uniti /con un abito impeccabile che lui stesso aveva cucito. /nel 1929 florindo fede partì per il brasile/ con un abito impeccabile che lui stesso aveva cucito./ nel 1947 agostino fede partì per la francia/ con un abito impeccabile che lui stesso aveva cucito./ nel 1960 salvatore fede partì per la svizzera/ con un abito impeccabile che lui stesso aveva cucito./ oggi al paese nessuno sa più cucire/ e l’emigrazione dei sarti è finita/. 

Dialoga con i presenti Arminio, e lo fa parlando di sè, dei poeti Sandro Penna e Pasolini, di Bisaccia e i suoi alberi, mettendo al centro di tutto la terra, l'amore, la morte, la voglia di osare, la rinascita. 
"Le persone si incontrano per rinascere, nascere non basta mai a nessuno".