domenica 30 aprile 2017

INSIEME

E finché sará tenerezza,
sapró che niente
é tutto il resto.


martedì 18 aprile 2017

TEMPORALE

Scrivo coi capelli ancora un po' bagnati. Uscire e beccare un temporale non è poi una gran bella idea. Ma i temporali sono un po' così, arrivano all'improvviso, sono veloci, e non lasciano il tempo di capire nulla, di fare nulla. Forse non si può neanche parlare di temporale, all'inizio, se per temporale intendi quella pioggia lenta ma intensa, il cielo nero e in fermento, e il vento a bagnarti la faccia e capelli...
ma che sia o meno un temporale, nulla toglie l'emozione unica di essere parte di un qualcosa di magico, indescrivibile.
Sì vabbè, l'odore dello shampoo, i capelli appiccicosi, i vestiti che alla fine sembri una stracciona...ma la strada deserta e il cielo che ogni tanto intravede stralci di luce, e la pioggia che va e intanto scende...
camminare piano, con la musica e guardando in giù, e scoprire quell'asfalto opaco adesso in controluce rispecchiare, ed il bello è non avere fretta, nè paura di bagnarsi, perchè poi alla fine arriva...l'odore della pioggia.
I temporali sono roba di sfortunati, svampiti e sognatori.
Non li scegli, arrivano all'improvviso, ti sconvolgono, ti incantano, e a volte durano una vita intera. Ti lasciano un asfalto bagnato che riflette in superficie case e persone, ti rivelano un cielo profondo e potente, nei suoi sprazzi di luce, ti bagnano e rapiscono, ma arrivano all'improvviso, non li scegli, ed in alcuni casi ti innamorano per una vita intera.
Così vorrei camminare sotto la pioggia, camminare piano per capire il vento e sentire l'istante, come le emozioni più vere che arrivano all'improvviso e in alcuni casi durano una vita intera.
O come cantava Biagio, mentre l'ascoltavo sotto la pioggia:

"Scriverti da qui
Che è anche terra tua
È come farti respirare 
quello che respiro (...)

E non è per farti fretta 
E non è per la distanza
Tutto vivo e vive senza te
Io ti scrivo per sentire
Io ti scrivo senza tempo
Potrei anche non ricevere
Che quello che io sento di te è forte
Quello che io sento di te 
è sempre che tu..."

sabato 15 aprile 2017

RITORNI

Arriva Pasqua ed è tempo di bilanci. 
Tempo di scartare le uova, tempo di un appuntamento che è scoperta di cambiamento e di rinascita. Di cambiamento, sì. Perchè se ogni anno i fiori fioriscono e il sole torna a portare il suo profumo di calore e di vento, tu sai che non sei più lo stesso. Forse lo sai solo quando invecchi, o diventi grande, ma allora la conferma ce l'hai per davvero, e non è poi una bella cosa, pensare a come rincorrevi i tuoi anni da adulto quando eri bambino, quando Pasqua era una scorpacciata golosa di cioccolata e la pupa dalla nonna sapeva di festa e di felicità. E così la Pasqua è un ritorno. Come un viaggio, un incontro del caso, un pianto sommesso, un sorriso gentile...un ritorno. 
Viaggiamo per ritrovarci, e la Pasqua è quel posto un po 'speciale che ti fa sentire bambino e adulto allo stesso tempo, che ti fa riscoprire chi eri, e capire chi sei.  Si dice che non bisogna mai tornare nei posti in cui si è stati felici. Perfino Ulisse, giunto finalmente ad Itaca, alla fine dell'Odissea sembra ormai pago della moglie Penelope e dell'alta reggia, in cerca della quale aveva tribolato tanto. I ritorni sono dolorosi. L'Ulisse di Pascoli una volta tornato indietro scopre la sofferenza per l'estraneità dei posti in cui era stato, in cui tutto era cambiato, e niente era più lo stesso. L'Ulisse di Tennyson, invece tornato a casa, scopre l'insofferenza per un popolo ostile che non lo conosce e in cui lui non si riconosce più, l'Ulisse di Dante parte perchè ormai non può più arrestarsi.
Scrive Italo Calvino: "Arrivando a ogni nuova città il viaggiatore ritrova un suo passato che non sapeva più d'avere: l'estraneità di ciò che non sei più o non possiedi più t'aspetta al varco nei luoghi estranei e non posseduti". Il che è come dire, citando il Magris de "L'Infinito viaggiare", che il vero viaggio è un'andata ed un ritorno, uno scoprire se stessi nei posti che ci hanno visti e conosciuti, ma dopo la scissione iniziale, che ci hanno cambiato e riconfermato allo stesso tempo. E forse è questa la rinascita della vita, della Pasqua, degli incontri, dei posti speciali, delle fini, dei nuovi inizi. La certezza che nonostante tutto, noi siamo quelli che siamo, in un soffio di vento o un ricordo, in una casa spenta con il tavolo vuoto, in un mandorlo in fiore, noi siamo quelli che siamo. La vita ci cambia ma ci rivela se sappiamo essere noi stessi fino alla fine, e allora non cambia niente, perchè le cose preziose le portiamo con noi. 
Perchè cavalcate per queste terre?"-si legge in Novalis- "per ritornare".


giovedì 13 aprile 2017

QUELLO CHE SO

Quello che so
È che ci sono ancora canzoni
che fanno mancar l'aria 

martedì 11 aprile 2017

INTENSO

E poi io che amo forte
non è forse una piccola felicitá?


lunedì 10 aprile 2017

EVERY CHILD IS MY CHILD

Forse ci sono cose che non si possono dire a parole. E solo chi le prova sa cosa significano. 
Cerco di immaginare la primavera in Siria. Qui da noi si sentono gli uccellini cantare, il sole filtra tra le foglie degli alberi, il cielo è azzurro e i ragazzi girano a maniche corte per le strade.
In Siria non si sente il canto degli uccelli, gli alberi quasi non ci sono più, il cielo è grigio, le strade sono macerie, vuote.
L'attacco chimico a Idlib di qualche giorno fa, in cui sono morti 58 civili ed 11 bambini ha risvegliato una ferita mai chiusa, una realtá che è triste verità da ben sei lunghi anni, da quando Damasco e Aleppo sono scese in piazza e hanno detto no al regime di Assad.
Le immagini che abbiamo visto dai media portano feriti e morti, soprattutto bambini. 
Di fronte a quei corpicini senza vita stretti inermi con il loro peso di sogni e incanti spezzati, c'è chi ha parlato di "morte dell' intera umanità". 
Ma il dramma dei bambini di Aleppo è un dramma che si ripete da tempo, che si ripercorre un po' ovunque, che si legge da chi quelle lacrime se le porta dentro, e non le asciuga perchè non si cancellano. 
Tra i banchi di scuola si vedono tante realtá. Si leggono i libri, si percorrono epoche, si attraversano mondi. Ed è a scuola, in una classe come ce ne sono tante, che lo sguardo dei bambini di Idlib è apparso negli occhi tristi di un ragazzino di prima media, occhi che non dovrebbero mai sapere, che non dovrebbero mai piangere. 
Gli chiedo se sta bene, lui nato in Siria ed ora in Italia. Mi risponde di sí, ma poi si copre gli occhi e piange, perchè certe realtá non si cancellano con i chilometri di distanza, nè si possono comprendere, nelle immagini frettolose di un televisore.
Sembra strano poter pensare che la primavera sia arrivata anche in Siria, terra che vede morire o partire i suoi figli, terra dal cielo grigio, terra di macerie sporche di sangue.
Eppure il sorriso di un ragazzino che corre con i compagni all'uscita di scuola, che appena vede la Siria sulla carta geografica me la indica con un dito (lui che non sa niente di confini e diplomazie ed interessi politici), è il sorriso di chi quel sorriso l'ha perso, o non ha mai potuto provarlo.
I ragazzi a volte per divertirsi giocano alla guerra.
Ma la guerra non è gioco, o scherzo, o tantomeno fantasia.
La guerra è il dolore e pianto silenzioso di un ragazzo di prima media per le vittime di ieri, un ragazzo che disegna carri armati al cambio dell'ora, ma che corre felice, quando suona la campana.

domenica 9 aprile 2017

IO

E alla fine l'ho capito sai.
È difficile rimanere bambini in un mondo che ti costringe a diventare grande per forza.
Ma che male c'è a volere autenticitá?
Io non voglio la luce
io voglio il calore.
Io non voglio le bollicine
io voglio il sapore.
Io voglio essere come l'artista di strada
che disegna il mondo ad ogni angolo
e ogni angolo è l'immagine che porta con sè.
Io voglio sfiorare la tua mano
e sapere di poterla stringere forte nella mia,
perchè cambiare per restare se stessi
è l'unica promessa fatta a se stessi e alla vita.
E allora non voglio un istante.
Voglio un per sempre.
Non voglio parole
voglio silenzi profondi e intensi come il tempo che cambia e ci cambia.
Non voglio le favole
voglio la fiaba..
e la poesia, la musica, gli sguardi, le mani, il respiro spezzato, i sogni, le canzoni, le lacrime vere, la carezza per asciugarle, un coraggio nuovo, un nuovo sorriso.
Perchè è così che sono io.
Perchè con te so chi sono io.

domenica 2 aprile 2017

DELL'AUTISMO

Se potessi parlarti e dirti quello che provo,  forse questo mio silenzio non sarebbe così terribile, anzi, sarebbe perfino bello.
Io disegno alberi e case, e soli gialli lassù in alto nel cielo, e sono felice. Tu mi guardi e non mi senti, mi parli e ti chiedi se io ti capisca, e piangi e cerchi una ragione, e ti interroghi ma sai che una risposta non c'è.
Eppure io capisco tutto quanto, intuisco tutto quello che provi, lo sento con te. Solo che ho un altro dizionario, diverso dal tuo, più grande o forse più piccolo, per farmi capire.
Giá, il mio dizionario non è fatto di parole,  ma è fatto di numeri e forme e figure, non è fatto di braccia che si spiegano ma di movimenti che capisco solo io, di sguardi che magari non dicono nulla, ma ti sbagli, perchè io ti parlo e ti racconto.
Sai, magari se mi tocchi mi innervosisco, se mi sfiori mi agito e mi sento più fragile, e ho paura, ma in questo mio corpo di silenzio io ho tutto il mio universo di parole e sentimenti gentili. Magari non te lo so dire, ma io sento e penso come te, io sogno e desidero come te, sogno di notte, quando dormo e il mio silenzio diventa una realtà buia costellata da tante piccole stelle e fasci di luce, e quando sono sveglio, e ogni volta è un dolore e una carezza. Magari faccio piccoli sogni, sogni modesti, niente di che, eppure in questi miei piccoli scrigni di inaspettata felicitá oltre alle mie matite colorate e ai miei fasci di luce sul vetro della mia camera, ci sei tu e sempre tu.
Non voglio essere solo, non lasciarmi da solo.
I miei compagni hanno degli amici, riempiono i loro zaini di vite e progetti, e ridono, chiamano, parlano tanto.
Non hanno paura dei gesti, degli abbracci, delle parole chiuse dentro di te, delle giornate mute e interminabili che non passano mai. E non si accontentano. E non lo sanno.
A me invece basta poco per essere felice. Un vocabolario fatto di numeri e forme e figure, la luce delle stelle sul vetro della finestra, e tu vicino che mi ascolti, nei silenzi più lunghi e pieni di colori e forme e numeri,  tu che mi sei vicino. E mi ascolti.