sabato 20 maggio 2017

MITI

E c'erano i Backstreet boys, e le Spice Girls.
Pippo Inzaghi indossava la maglia della Juve e Pagliuca era il portiere dell'Inter, laddove l'estate non poteva esserci senza festivalbar e per i testi delle ultime uscite c'era in edicola tvsorrisi e canzoni.
C'erano le repliche di Beverly Hills e di Primi baci,
i cartoni animati che non finivano mai ed i Ragazzi italiani, e noi cresciuti a walkman e telecomando, stretti dietro un chupachups o un crystal ball,
che in quella tv analogica di ormai 20 anni fa abbiamo cercato sogni e colori, lanciato mode e canzoni, imparato etá e colonne sonore, pubblicità senza tempo che pure ci appartenevano e sapevano ognuna un poco di noi.
Abbiamo imparato che al titolo Beverly Hills seguiva il numero 90210, che a Pantani stava meglio il rosa e non il rosso, che il rosso era il colore di Schumacher, 
e che al plurale sfrecciava ancora meglio, sulla moto di Valentino in bilico tra volo e passione lì un circuito dopo l'altro.
Abbiamo avuto l'età dei miti, delle canzoni d'estate, dei telefilm, del calcio, delle assurdità senza senso, del tempo che passa e sembra non sia vero, del gelato dell'Algida e dei Giochi senza frontiere, li abbiamo visti passare, restare, andar via, tornare, cambiare anche, ma forse perché alla fine a cambiare davvero eravamo noi, noi che su quelle immagini scandite da un tempo condiviso e inclemente ci siamo cresciuti, immaginando un mondo bello e perfetto, con i nostri eroi scelti per caso, con i nostri "must have" e primi inizi, con i nostri punti di riferimento che parlavano di un'età che era solo nostra, e le davano nome, come le annate delle figurine ad ogni nuovo album da incollare con cura.
Ma la vita si sa, é un'altra cosa.
E pian piano ci siamo resi conto che crescere é diventare grandi con la coscienza reale della nostra umanità, che gli eroi di un tempo non esistono più e anzi diventano umani anche loro, che le immagini di un campione di moto gp non sono solo quelle di un mito, o di una leggenda, e che dietro il casco e la vetrina di facciata c'é molto di piú, c'é molto di diverso.
La storia del pilota Hayden, da giorni ricoverato in condizioni gravissime a seguito di un incidente in bici, ricorda molto quella del campione di formula 1 Schumacher, vittima di una caduta dagli sci nel 2013 e ancora oggi in situazioni gravi. Sono storie che richiamano le vecchie immagini di una folla euforica e in festa, l'adrenalina della partenza, e quasi sembra di sentire lo stridìo dei pneumatici sulla pista ruvida, l'ebbrezza della platea, i secondi del pit stop o gli attimi ultimi del giro finale... Sono immagini ovattate, protette, di un qualcosa di eccezionale, unico, irripetibile.
Ma la realtà ci insegna che la vita é vita, ed é vita per tutti.
Fa male pensare che atleti che sfidano il pericolo ad ogni gara e che grandeggiano in pista catturando velocità come lampi di luce si siano ritrovati a guardare la morte in faccia per incidenti apparententemente banali.
Le immagini dalla tivú sono quelle rassicuranti di una realtá in cui rispecchiarsi come luogo dell'eccezione e del bello. Ma dietro i miti ci sono gli uomini, e gli uomini sono sempre troppo umani, per vivere in un ideale che il più delle volte non é possibile.

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