Un
bambino legge tra le nuvole le parole di un vocabolario. <<Non pensava potessero esistere libri
così grandi, né così tante cose al mondo>>. Un uomo raccoglie ogni notte delle conchiglie sulla sabbia, perchè <<ogni giorno del mondo aveva il
suo mare, e ogni giorno del mare la sua conchiglia, e ogni conchiglia, dentro,
aveva la sua storia >>. Un uomo cerca la sua gamba di legno sulla riva, perché <<quel che il mare prende, il mare rende>>. Una bambina cerca di definire il mondo, non
parla, ma ha ad ogni emozione <<il volo delle farfalle che si fanno un po’
più forte>>.
Sono
solo alcune delle storie che si incrociano a Dinterbild, fantasiosa cittadina
di appena ottanta abitanti in cui vive Vinpeel, protagonista di Vinpeel degli orizzonti, romanzo che
Peppe Millanta dedica “A chi sta ancora cercando la storia che ha dentro”.
Le
storie che ci portiamo dentro e quelle che si inceppano, quelle che si
depositano sul fondo e che non sappiamo come far ripartire, quelle che abbiamo
dimenticato, e che sono come quando si bloccano gli ingranaggi, quando si perde
“l’attimo”, quelle che ci dicono chi siamo, ma solo a patto di avere il
coraggio di saperle ascoltare.
Non
si sceglie di arrivare a Dinterbild, <<ci si scivola dentro senza
accorgersene>>, ed è dove si arriva <<quando si decide di
seppellire tutto, quando si dimentica persino quando e perché si è
venuti>>, quando <<si vuole dimenticare anziché soffrire>>.
Nello
scoppiettante microcosmo che è il luogo
immaginario di Millanta, sono gli
orizzonti a dare voce all’Altrove, le luci lontane che Vinpeel vede dalla
collina e che rispondono ad ogni urla come una piccola eco, come una
possibilità in più, una speranza di andare via, una promessa di felicità.
È
in questo senso che il romanzo è permeato da un lirismo e una poesia
particolari. Millanta accarezza nuvole e sogni e descrive i sentimenti con la delicatezza
di una fiaba gentile, che fa sorridere, ma non senza versare una lacrima. In particolare
la storia di Vinpeel e quella dei protagonisti- attori di questo teatrino dell’assurdo
(dove una locanda diventa Locanba e
si serve ogni giorno la stessa zuppa ma sempre diversa) è piena di tristezza. La
solitudine, l’incomunicabilità, l’inaccessibilità, il limite dietro cui spesso
chiudiamo a mo’ di fortezza le nostre vite e che sono il male del nostro tempo
diventano reiterazione acerba degli stessi gesti di sempre, assenza di
orizzonti, o forse no, paura di spiccare il volo e raggiungere quelli stessi
cieli che potrebbero renderci felici, restituirci a noi stessi.
Ma
non lo è per Vinpeel, non lo è per Krisheb, il matto del paese, non lo è per
Mune, la bambina cometa, non lo è per chi crede che non sia possibile tirare ancora fuori i nostri sogni, una volta che si depositano nel cuore. Basta avere una
storia dentro, e qualcuno accanto, che la sappia ascoltare e raccontare.
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